L’America affascinata da Mussolini: ecco che cosa pensavano del Duce

4 Nov 2015 9:32 - di Fulvio Carro

Benito Mussolini e gli Stati Uniti: storia di un mancato incontro. Molto interessante l’analisi di Avvenire sul rapporto tra il Duce e gli Usa. Mussolini, scrive il quotidiano dei vescovi, «non divenne mai un vero amico del Continente Nuovo. Ne diffidava anzitutto per ragioni culturali: la società dei consumi del colosso statunitense lo disgustava, e dopo il tonfo di Wall Street del 1929, che portò al collasso milioni di famiglie di salariati, prese il sopravvento in lui l’antico livore anticapitalistico e antiliberista del vecchio rivoluzionario operaista. Ma soprattutto, occorre dire, Mussolini, pur attratto dal dinamismo competitivo del modello Usa, rimase confinato entro schemi e orizzonti mentali eurocentrici, per di più viziati da un certo provincialismo. Nei suoi vent’anni di potere, non soltanto non volle compiere alcun viaggio oltreoceano».

Quell’America sedotta da Mussolini

«Al contrario – scrive ancora Avvenire – fu l’America a essere sedotta dal Duce. Nella seconda metà degli anni Venti, e lungo quasi tutto l’arco degli anni Trenta, larga parte del pubblico a stelle a strisce simpatizzò apertamente per il fascismo e per il suo leader. Il cinema, e, più in generale, tutto il circuito mediatico degli Stati Uniti, elaborò una vera e propria mitizzazione dell’uomo, dipinto come un novello imperatore romano. Nel 1933, la Columbia Pictures, una delle maggiori società di produzione per il grande schermo, lanciò nelle sale un film-documentario sul Duce e sull’Italia littoria, che divenne campione di incassi, scalando l’olimpo dei cult. Il lungometraggio, della durata di 74 minuti, si intitolava Mussolini speaks (Parla Mussolini). La prima curiosità è data dal fatto che i padroni della Columbia erano due fratelli ebrei, Harry e Jack Cohn: entrambi, dopo il 1940, compirono ogni sforzo per occultare le prove di quella loro operazione commerciale che fruttò un milione di dollari».

«Il film-documentario era narrato dallo scrittore, attore e sceneggiatore statunitense Lowell Thomas. Nel ruolo di direttore di produzione venne indicato ufficialmente Jack Cohn, ma pare che poi al montaggio della pellicola fosse stato delegato Edgar G. Ulmer. Il lungometraggio è incentrato sui successi del regime fascista, e utilizza, quale fulcro narrativo, un discorso tenuto da Mussolini, a Napoli, all’apertura del Decennale della Marcia su Roma, nell’ottobre del 1931. Si esordisce con un panegirico sulle origini del Duce, e sul suo genio: “un capo che forgia la storia”, “un uomo d’azione fornito di un dono rarissimo: il magnetismo personale”, un condottiero “instancabile che lavora incessantemente”. Si passa poi a celebrare i trionfi della rivoluzione degli squadristi, che rappresentarono “l’elemento più giovane della nazione”: il loro inno, Giovinezza, è “una melodia, un canto di gioia”.

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