Festa e Guazzaloca, due ex sindaci onesti ingiustamente accusati dai Pm

2 Nov 2015 15:51 - di Silvano Moffa

Giorgio Guazzaloca e Cesare Festa. Due ex sindaci, l’uno di Bologna, l’altro di Pisciotta. Che cosa li accomuna? Cosa li unisce, anche se si stratta di personaggi molto diversi fra loro, per certi versi addirittura opposti? Ce lo chiediamo scorrendo le pagine di Libero, dove  Guazzaloca viene intervistato da Giancarlo Perna, e apprendendo dell’esito della vicenda giudiziaria, lunga e dolorosa, che è toccata al primo cittadino del comune salernitano. Il “Guazza”, ex macellaio ed ex presidente della Camera di Commercio di Bologna,  sfondò nella roccaforte rossa dell’Emilia con una lista civica e l’appoggio del centrodestra. Una impresa storica, la sua. Una di quelle imprese che non nascono a caso, frutto di passione, determinazione, radicamento. Il Guazzaloga era un tipo tosto, sicuro di sé. Liberò Bologna dai comunisti. E fu un vanto per lui e la destra. Per uno che aveva la licenza elementare, e che usa ancor oggi il sarcasmo allo stesso modo in cui affilava i coltelli in macelleria, l’impresa è rimasta negli annali. Fu colto, manco a dirlo, dagli strali della magistratura. Accusato di corruzione per fatti inesistenti, fu messo alla berlina, anzi alla sbarra, vittima del solito metodo all’italiana che ti condanna prima ancora del processo. Fu crocefisso dal moralismo dilagante. Insultato, dileggiato, considerato un delinquente qualsiasi. In barba al garantismo, la sinistra si aggrappò a quelle accuse per farlo fuori. Ma il punto che interessa, ora è un altro. Perna gli chiede: “Cosa pensò quando all’alba del 2011 le piombò in casa un pm coi carabinieri per perquisirla, sospettandola di corruzione?”. Risposta: “Mi cascò il mondo addosso anche se sapevo che era un granchio. Un anno e mezzo dopo gli stessi archiviarono”. Si scusarono? “Ne incontrai uno al Caffè. Tutto mellifluo mi disse, “signor sindaco come sta?”, e allungò la mano. Non la presi e uscii. Dopo quella montatura, il mieloma che era scomparso è tornato. E sto come mi vede”.

Cesare Festa, dal Msi a sindaco di Pisciotta

La storia di Cesare Festa è diversa da quella di Guazzaloca. L’ex  sindaco di Pisciotta si forma nella federazione del Msi di Salerno. È di destra. Della destra sociale. Quella che al tempo di Giacomo Mele, uomo di notevole spessore culturale, cresce e prospera nel Cilento intono alle idee di Pino Rauti. Festa è stimato. La sua modestia è proverbiale. La preparazione, indubbia. Apprezzato anche dagli avversari, riesce a diventare sindaco di Pisciotta, nel suo comune. E così inizia l’avventura amministrativa di una persona perbene, onesta, competente. I segni del cambiamento nel paese si vedono presto. Festa, nell’ambiente, diventa un esempio per tanti altri amministratori. Finché non arriva la magistratura. Piovono sul suo capo accuse pesantissime: corruzione,  lottizzazione abusiva,  concussione,  truffa, violenza, falso ideologico. Accuse che fanno tremare. Anche lui, come Guazzaoloca, viene messo alla berlina. Persino tra i suoi consiglieri c’è chi ne prende le distanze. Arrivano gli arresti domiciliari. E con gli arresti l’ostracismo, gli attacchi velenosi degli avversari, le prese di distanza di alcuni consiglieri della sua stessa maggioranza. Passa il tempo, e le accuse cadono una dopo l’altra. Nei processi, le prove fornite dalla Procura crollano come castelli di sabbia. Festa viene scagionato, assolto con formula piena. Nel frattempo però il fisico, messo a dura prova dalla sofferenza, presenta il conto. Il cuore non è più lo stesso di una volta. “Mi hanno fatto ammalare con un teorema di fatti inventati”. Oggi che a Cesare Festa viene resa giustizia, come accaduto per Guazzaloca, è lecito chiedersi se ci sia un confine entro il quale chi è chiamato a governare una città, un comune, se è persona onesta e pulita, possa serenamente svolgere le sue funzioni. Certo, la giustizia trionfa. In verità, non è sempre così. Anche quando trionfa, spesso dopo tempi lunghi e logoranti, lascia dietro di sé una scia di dolore. E provoca un danno anche alla comunità, privata dei suoi sindaci migliori.

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