Senato, riforma figlia dell’arroganza. Nasce storpia la nuova Costituzione

13 Ott 2015 16:19 - di Silvano Moffa

Riforme, tanto per riformare. Evviva! Con tanti saluti ai padri costituenti, che si staranno rivoltando nella tomba. E’ il frutto della spregiudicatezza al potere, della sconfinata presunzione di un ex sindaco in odore di santità, che crede di fare il bello e cattivo tempo, mettendo sotto i piedi ogni ragionevole dubbio sulla qualità di un testo che, basta leggerlo, fa ridere i polli e inbufalire i costituzionalisti. Almeno quelli che non hanno ancora venduta l’anima e la mente all’inquilino di Palazzo Chigi. Ma è mai possibile che i contenuti non contino nulla ? Che scivoli come olio il fatto che il Senato attuale venga trasformato in un guazzabuglio, senza né capo né coda, da una Ddl del governo, le cui prerogative in materia sono assai discutibili? Che, pur nella necessità avvertita da tempo di superare il bicameralismo perfetto, questa roba qui è una miscellanea di incongruenze e di ingannevoli petizioni di principio. Si dice, dopo l’accordo in casa Pd che ha sancito l’ennesima vittoria del premier sulla minoranza interna, che i cittadini eleggeranno i 95 senatori (gli altri 5 saranno nominati dal Presidente della Repubblica). Ma non è così.

Senato, l’inganno della elezione dei consiglieri regionali

L’imbroglio sta nei dettagli. E i dettagli  li scopriremo nella futura legge ordinaria. Quando sarà chiaro che gli elettori potranno esprimere le loro preferenze durante le elezioni regionali, presumibilmente in un listino che verrà predisposto dai capi-partito. Poi, saranno i consigli regionali ad eleggere i futuri senatori, in proporzione alla loro composizione politica. Un meccanismo incasinato, oltre che ingannevole. Come se non bastasse, la riforma entrerà in vigore non prima dell’autunno del 2016, referendum permettendo. Così, se si andrà al voto per le politiche nel 2018, saranno solo sei le Regioni in grado di spedire i consiglieri-senatori a Palazzo Madama: Lombardia, Lazio, Molise, Val d’Aosta, Friuli e Sicilia. Nelle altre, finché non si andrà alle urne, i senatori saranno scelti dai consigli regionali. E’ l’effetto di una riforma che nasce storpia e che ci consegnerà un Parlamento storpio. Con sindaci  e consiglieri regionali che entrano ed escono, manco fossimo al Grand Hotel. Quanto ai costi, il risparmio sarà del tutto irrisorio. Tra spese di funzionamento, indennità e qualche altro ammennicolo difficilmente eliminabile, si calcola che circa l’80 per cento dei costi fissi sopravviverà alla riforma. La verità è che riformare tanto per riformare è una idiozia bella e buona. Una fuffa. Una presa in giro. Stando così le cose, meglio, molto meglio sarebbe stato eliminarlo, il Senato. Matteo Renzi “riformatore”? Siamo seri, al massimo è una macchietta da bar dello sport.

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