Per Renzi più occupati grazie al Jobs Act. Ichino: “E’ una sciocchezza”

19 Ott 2015 15:41 - di Alberto Fraglia

Sugli effetti taumaturgici del Jobs Act non tutti nel Pd la pensano come Matteo Renzi. Non c’è occasione,  convegno, conferenza stampa, tweet, in cui il Presidente del Consiglio non si destreggi con i numeri dei nuovi occupati per esaltare i meriti della riforma del lavoro, spiegare che si è imboccata la strada giusta, che i gufi la debbono smettere di gufare perché c’è  la ripresa e, oggi, grazie a lui, l’Italia sta meglio dei partner europei. Lui, Renzi, “va avanti come un treno” (sono parole sue). E non si ferma , in questa autoesaltazione, neppure quando gli si fa notare che quel po’ di economia che comincia a muoversi è frutto di fattori esterni al governo: dalle robuste iniezioni di credito nell’Eurozona profuse da Draghi, al calo del prezzo del petrolio. Ora, però, a mettere i puntini sulle “i” ci pensa il senatore Pd Pietro Ichino. “Sarebbe una sciocchezza legare l’aumento rilevante degli occupati dei primi 8 mesi dell’anno alla riforma del mercato del lavoro”, ammette il Giuslavorista ad un convegno sul Jobs Act organizzato da Gi Group. Un richiamo alla realtà, quello di Ichino. Il senatore ha spiegato che “nei primi 8 mesi dell’anno gli occupati sono aumentati del 34,6%, secondo i dati Inps, a 1,16 milioni, contro gli 865.491 dell’analogo periodo del 2014”. Dire che è merito di una riforma “partita per 1/4 a marzo, per 1/4 a giugno e per 1/2 in settembre”, secondo Ichino, corrisponde a “dire una sciocchezza dal punto di vista scientifico”. “Gli effetti – spiega – si vedranno solo se la riforma si consoliderà”. Per il momento vale l’obiettivo della legge, che, a suo dire, è di “portare il tasso di occupazione dell’Italia, oggi ad uno scandaloso 56%, al 66% della Gran Bretagna ed al 70/75% della Scandinavia”. “Questo – conclude – può avvenire attraverso diverse leve, tra cui anche la disciplina del lavoro”. Chissà se la riflessione di Ichino, che è di una logica stringente, indurrà l’ex sindaco di Firenze a raccontare meno balle. Dubitiamo fortemente.

 

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