La Lego nega i mattoncini al dissidente cinese. C’è un patto segreto con Pechino?
Gli affari sono affari. E se c’è di mezzo la Cina, meglio essere prudenti. Da quelle parti si sa che non gradiscono interferenze di tipo politico. Da quando il comunismo va a braccetto con il turbocapitalismo, e i mercati cinesi sono diventati i più ambiti dalle multinazionali occidentali, dal dissenso interno, dallo sfruttamento della manodopera, soprattutto dei minori, dalla repressione in atto in quel Paese, meglio tenersi alla larga. Devono aver ragionato così anche quelli della Lego, nel prendere le distanze dall’artista e designer cinese Ai Weiwei. L’artista vive dal 1981 negli Stati Uniti, dopo aver provato sula propria pelle la durezza del carcere cinese. Ai Weiwei è un dissidente cinese conosciuto in tutto il mondo. E’ stato proprio lui a denunciare, in un post pubblicato sulla sua pagina Instagram, la multinazionale danese dei giocattoli, che si è rifiutata di fornirgli un quantitativo di mattoncini per ragioni “politiche”. La Lego ha respinto l’ordine dello studio Ai Weiwei il mese scorso dicendogli – secondo quanto ha riferito l’artista – che “non può approvare l’uso dei Lego per opere politiche”. Le accuse di Ai Weiwei, ricorda il Guardian, seguono la notizia secondo cui la società britannica Merlin Entertainments si appresta ad aprire un parco Legoland a Shanghai insieme a un partner cinese. E sembra che proprio quell’annuncio, che è coinciso con la visita ufficiale del presidente cinese Xi Jinping nel Regno Unito, abbia spinto Ai Weiwei a pubblicare il post su Instagram. L’artista avrebbe dovuto utilizzare i Lego per un’opera da esporre alla National Gallery of Victoria, in Australia, entro la fine dell’anno. Quando si dice gli affari….