Altro fallimento del nuovo corso renziano: a Napoli ritorna Bassolino

3 Ott 2015 8:35 - di Redazione

Parla del possibile ritorno in campo di Antonio Bassolino con la consueta franchezza. «Sarebbe un grande fallimento, come del resto lo è stato anche il mio ritomo a Venezia». Giornata casertana per il filosofo Massimo Cacciari, invitato a tenere una lectio magistrah’s su «Rè Lear, padri, figli, eredi» in occasione dell’avvio della attività culturali 2015-2016 dell’Istituto superiore di Scienze Religiose San Pietro, diretto da don Nicola Lombardi, come si legge su “Il Corriere del Mezzogiorno”.

Cacciari stronca il ritorno del vecchio collega Bassolino

«Bassolino di nuovo in corsa per il Comune? Penso che qualsiasi ritorno sia molto pericoloso per chi riprova e certamente esprime il senso di un fallimento». Si ferma un attimo e spiega: «Certo, di un fallimento, perché un ritorno significa che non si sono create le condizioni del ricambio, che non si è riusciti a creare una nuova classe dirigente. Sembra banale, ma quando si guarda indietro significa che non si ha la capacità di andare avanti». Mai banale invece Cacciari e, soprattutto, per nulla autoassolutorio. Anche lui, già sindaco dal 1993 al 2000 della città lagunare, nel 2005 a sorpresa si ricandidò alla carica di sindaco. «Naturalmente – commenta anche quello fu un fallimento. Mi candidai perché le forze politiche del centrosinistra non erano riuscite nel loro complesso ad esprimere un processo positivo. Ora, poiché in Campania Bassolino ha lavorato milioni di volte in più di quanto abbia fatto io in Veneto è chiaro che il fallimento di un suo ritorno in pista sarebbe ancora maggiore. Il mio è un ragionamento così ovvio che, penso, sia condiviso da tutti. E questo rappresenta un pericolo per Antonio».

Per Cacciari, la “primavera dei sindaci” fu un fallimento

Alla franchezza si accompagna l’espressione della stima per l’ex primo cittadino partenopeo, protagonista, con lui della cosiddetta «primavera dei sindaci», ovvero di quella stagione politica avviata nel 1993 e caratterizzata da grandi speranze. «Antonio – ricorda Cacciari – è stato una persona di grande valore, forse un po’ timido. Come Fassino e Chiamparino prima di fare un passo in senso contrario rispetto alla propria parte politica ci pensava io miliardi di volte. Insieme avevamo scommesso sulla realizzazione in Italia di una riforma autenticamente federalista. Alla fine abbiamo mancato l’obiettivo: nessun Paese d’Europa è più centralista dell’Italia. Io lo ammetto, ma non mi sembra di averlo sentito dire da Leoluca Orlando o da Enzo Bianco che pure sono tornati a guidare Palermo e Catania».

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