Usare il “Tu” al posto del “Lei” è un insulto. Parola di Umberto Eco

15 Set 2015 13:40 - di Mauro Achille

Umberto Eco non  smette di sorprenderci. Continua a non lesinare  lezioni  e puntigliose prese di posizioni su questioni solo apparentemente marginali. Non molto tempo fa se l’è presa con il devastante, micidiale mondo del web, con quella smania di considerare i social network un segno esaltante di una modernità veloce, inclusiva, dialogante e altre amenità del genere. Per l’illustre professore essi rappresentano per una certa moltitudine di “imbecilli” il luogo più adatto per esibire la propria imbecillità. Difficile dargli torto. Come pure non è facile contestare il senso della critica dotta e sincera al dilagante uso del Tu nella lingua italiana. Da Dante a Manzoni, per secoli abbiamo usato il Lei e il Voi. Oggi non più. L’uso del Tu in ogni occasione, a prescindere dall’interlocutore, dal luogo e dalle circostanze in cui si pronuncia, evidenzia ormai, secondo lo scrittore, “una finta familiarità che rischia di trasformarsi in insulto”. E fa sì che l’Italia “perda la memoria”.”Il problema del Tu generalizzato non ha a che fare con la grammatica ma con la perdita generazionale di ogni memoria storica e i due problemi sono strettamente legati”, spiega Umberto Eco, richiamando l’uso di You nella lingua inglese, la differenza tra la Roma antica che usava solo il Tu e quella imperiale, in cui appare il Vos che permane per tutto il Medioevo. Mentre il Lei si diffonderà solo nel Rinascimento nell’uso cavalleresco e sotto influenza spagnola.

Umberto Eco e gli studenti che lo salutano con il “ciao”

Il problema è che la cancellazione del Lei e del Voi non è più un tema semplicemente lessicale. E’ qualcosa di più e di più profondo. Tocca i livelli identitari, storici, culturali della nostra civiltà, si insinua nelle pieghe della buona creanza, sfiora i dettami della educazione, altera i rapporti, anzi li appiattisce, uniformandoli sul triste livello di un degrado complessivo, che è degrado culturale innanzitutto. In questo Eco ha ragione da vendere. Certo è che la spinta più poderosa ad assumere l’intercalare del Tu nella espressione linguisticamente più diffusa del “moderno”  relazionarsi è venuta da quel fastidioso e nocivo fenomeno di costume che, partendo dal Sessantotto, ha tagliato fuori ogni più elementare forma di rispetto, e ha minato il senso racchiuso nell’uso di un pronome o di una parola.  Se la memoria non ci inganna, furono proprio taluni professori universitari i primi a consentire agli studenti di dar loro del Tu. E se ora, come confessa, Umberto Eco ha sperimentato con studenti stranieri, anche bravissimi, in visita all’Italia con l‘Erasmus, “che dopo avere avuto una conversazione nel corso della quale mi chiamavano Professore, poi si accomiatavano dicendo Ciao”, beh! ci sarà pure una spiegazione. Comunque, ben venga la lectio, sia pure tardiva, di Eco. Purché non resti uno sterile proclama.

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