Ue, invasione di campo contro l’Italia: «Riconoscete i matrimoni gay»
Ennesima invasione di campo dell’Europa contro la sovranità deegli Stati nazionali. Il Parlamento Ue ha infatti chiesto a nove Stati membri, tra cui l’Italia, di “considerare la possibilità di offrire” alle coppie gay istituzioni giuridiche come “la coabitazione, le unioni di fatto registrate e il matrimonio”. La richiesta è inserita nel paragrafo 85 del rapporto sulla Situazione dei diritti fondamentali nella Ue approvato a Strasburgo. Immediate le reazione politiche dopo la pronuncia del parlamento ue. “Sulle unioni civili non si illudano”, dice Maurizio Gasparri. “Senza sostanziali modifiche la legge non si farà. Ci sono alcune cose che vanno messe chiaramente nero su bianco in particolare per quanto riguarda le adozioni dove non si accettano ambiguità”. Altrettanto duro è Maurizio Lupi: “L’Europarlamento, in tale senso, è libero di pensarla come vuole ma non può chiedere a uno Stato sovrano di dire sì ai matrimoni gay. Il matrimonio e la famiglia sono istituti ben definiti dalla nostra Costituzione, riguardano un uomo, una donna e i loro figli. Il riconoscimento delle cosiddette unioni civili in Italia avverrà secondo modalità che lo distinguano nettamente dal matrimonio, checché ne pensino a Strasburgo”. Antonio De Poli, vicesegretario vicario dell’Udc, respinge, da parte sua, i “diktat dell’Europa”. L’Italia “deve rimuovere le discriminazioni ma sulle unioni civili il Governo non può inseguire alcuna deriva laicista. No all’utero in affitto e al copia e incolla dei matrimoni”.
Positivi invece, manco a dirlo, i commenti che vengono dal Pd. “Il Parlamento Ue – afferma Alessandra Moretti – ci sprona a riconoscere i matrimoni gay. Da troppo tempo manca in Italia una legge sulle unioni civili ed è ora che ci dotiamo di una norma che equipari i diritti di tutte le coppie: siamo uguali davanti alla legge, è questo che ci sta dicendo l’assemblea di Strasburgo. Speriamo che i conservatori di professione capiscano che è arrivato il momento di andare avanti spediti nella strada dei diritti civili”. In qualsiasi modo lo si rigiri, l'”invito” della Ue rimane un intollerabile attacco alla libertà del Parlamento italiano di decidere il futuro dell’istituzione matrimoniale.