Sgarbi: «Il caso del Colosseo? Lo Stato paghi chi lavora e non sputtani l’Italia»

22 Set 2015 17:10 - di Karim Bruno

Sulla chiusura del Colosseo per una assemblea dei dipendenti che protestano per gli stipendi non pagati continuano a fiorire i commenti. C’è chi si indigna per aver sottratto ai turisti due ore di visita, in barba agli appelli del ministro Franceschini, e se la prende per le colossali brutte figure che la Città Eterna sta collezionando agli occhi del Mondo intero. Come se questa fosse l’unica cosa che non funziona nella Capitale. E c’è chi, invece, va diritto al cuore del problema e, prima ancora di esprimere giudizi moralistici, si chiede quale sia la causa delle disfunzioni che conquistano le prime pagine dei giornali e mortificano il Bel Paese che fu. Tra questi ultimi va compreso Vittorio Sgarbi che, come al solito, è tagliente e diretto: «È singolare, come nel caso dei Casamonica, che si parli ancora di questa cosa. Questo ovviamente è un modo per sputtanare l’Italia senza la logica della verità. Non era uno sciopero ma un’assemblea, la cosa più ridicola era l’errore nell’indicazione dell’orario di chiusura, perché il Colosseo non è mai aperto fino alle 11 Pm. La chiusura era dalle 8.30 alle 11, due ore che non possono far pensare che l’Italia non funziona». Intervenendo al Format Ech Regione su Radio Cusano Campus Sgarbi non usa mezze misure: «Roma non è Palmira, il Colosseo non è l’unico monumento di Roma, se è chiuso per 2 ore il Colosseo un turista va a vedere altre cose». «Questa è una polemica strumentale  – aggiunge — Se un turista non può entrare al Colosseo fino alle 11 non gli capita nulla, lo Stato deve pagare quelli che chiama a custodire i propri musei. Anche la National Gallery certe volte è chiusa per le proteste di chi ci lavora. E il fatto è talmente minimo che soltanto un turista idiota non approfitta di queste due ore per vedere un’altra cosa. Un turista che non va a vedere altro e che vuole vedere solo il Colosseo è un cretino che non merita di vedere l’Anfiteatro Flavio».

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