Senato, nel Pd l’intesa è vicina. «Ma non rinunciamo al voto di Verdini…»

22 Set 2015 10:15 - di Robert Perdicchi

L’accordo sul Senato “designato” è vicino, almeno a giudicare dalle dichiarazioni dei vari esponenti del Pd di maggioranza e di minoranza all’indomani dell’assemblea del Pd. Ma il voto sulle riforme si gioca comunque sul filo dei numeri e in politica, si sa, non si butta via niente. Neanche il voto degli ex berlusconiani come Denis Verdini, tanto “disprezzati” da Bersani & Company. «Le dichiarazioni di Bersani e della minoranza sono di buon senso. Sta prevalendo l’unità del Pd che ancora una volta dimostra di essere il motore del cambiamento», dice il senatore renziano Andrea Marcucci, intervistato da La Stampa. E l’aiutino? «Mi pare che il senatore Verdini e non solo, mi riferisco a tutta Forza Italia, abbia votato il testo della riforma in prima lettura. Ora non vedo perché non dovrebbe votarlo di nuovo. Stiamo parlando di norme costituzionali che richiedono il più ampio consenso parlamentare possibile».

Nel Pd c’è la schiarita, però…

Non tutti, però, nella minoranza del Pd sono così ottimisti: «Se il principio elettivo è diventato di tutti e non solo una fisima della minoranza Pd, per noi va bene. Ma ci sono altri se che sono grandi come una casa», dice il senatore della sinistra dem Miguel Gotor. «Vogliamo capire se le parole di Renzi significano che i cittadini decidono chi sarà senatore e i consigli regionali ratificano la volontà popolare. Magari prevedendo delle sanzioni per i consigli che non si attenessero al voto», afferma, aggiungendo che «se c’è la volontà politica di non nominare i senatori e quindi di non trasformare la rappresentanza in un gregge, allora ci siamo». Un gregge perché “con l’Italicum – spiega – sarebbe nominata la maggioranza deputati più tutti i senatori. Così i tre quarti della prossima rappresentanza verrebbero indicati dalle segreterie dei partiti”.

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