Rai 3, chi critica Renzi va tolto di mezzo. Il Pd in guerra con se stesso

30 Set 2015 13:17 - di Silvano Moffa

Quando si dice la “nemesi storica”. Un tempo Rai 3 veniva appellata TeleKabul, tanto era sbilanciata sul lato sinistro dello schieramento politico. Ogni volta che l’accusa veniva lanciata innescando polemiche infinite, e improduttive riunioni della Vigilanza, puntualmente arrivavano  le difese di ufficio. Il soccorso rosso si mobilitava. Intellettuali organici versavano fiumi di inchiostro, inorriditi per il vile attacco alla libertà, per la compressione insolente del diritto di informare. Un coro. Anzi, una grancassa dal frastuono assordante. Tutti pronti ad inveire, a gridare al martirio di impavidi e coraggiosi giornalisti che non facevano altro, poverini, che svolgere il duro lavoro della critica, fedeli, loro  e soltanto loro, alla deontologia cui si ispira (si dovrebbe ispirare) quest’antica professione. Passa il tempo, cambiamo i governi, ed ecco che accade quel che non ti aspetti. Va al potere, seguendo traiettorie che nulla hanno a che vedere con i circuiti della investitura popolare , ossia senza elezioni, un tipo come Matteo Renzi e apriti cielo. Viene giù il finimondo. E sapete perché ? Perché l’inquilino di Palazzo Chigi non digerisce i  talk show che danno spazio alle minoranze, ivi compresa quella del Pd, per dare addosso al leader supremo.

Anzaldi: “A Rai 3 non si sono accorti che il Pd ha un nuovo segretario”

Intendiamoci, anche a noi non entusiasmano certe messe in scena, dove la politica viene svilita, svuotata, ridotta a barzelletta. Piazze televisive dove si consumano violenze verbali e i pensieri, ammesso che siano tali, si riducono a banalità. Dove i conduttori spesso la fanno da protagonista, da prime donne, perdendo misura ed equilibrio. Però, c’è un però… Se un membro Pd della commissione di Vigilanza Rai, tale Michele Anzaldi, sul Corriere della Sera, arriva a dire che a Rai 3 e al Tg3 si divertono a strapazzare Pittibullo, e “non si sono accorti che è stato eletto un nuovo segretario, Matteo Renzi, il quale poi è diventato anche premier”, al punto che “i nostri ministri non vogliono più andarci”, beh!, la polemica assume allora il sapore di una pratica tutta interna al Pd. Un episodio di quell’interminabile congresso interno che, da un  lato, si riflette su ogni azione del governo, e dall’altro, fa emergere il lato oscurantista, prevaricatore e finanche spocchioso del renzismo. Insomma, non si sa più se TeleKabul continui a vegetare dalle parti di Saxa Rubra o si sia trasferita a Palazzo Chigi. In comune, queste due anime del Pd hanno una cosa: non tollerano le critiche. Non le digeriscono. Le aborriscono. Salvo che non riguardino altri. Democratici di nome. Prepotenti, di fatto.

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