Processo P3, Caldoro: «Potevo fare la fine di Marrazzo. Ma il Pdl non c’entra»
«In questa vicenda resta senza nome il mandante di quel dossier che avrebbe potuto costarmi la candidatura alla presidenza della regione Campania». A parlare è l’ex-governatore Stefano Caldoro, sentito in queste ore a Roma come parte lesa nel processo alla cosiddetta P3, una sorta di sequel – secondo i pm capitolini – in formato ridotto della P2 di Licio Gelli. Nell’inchiesta il nome di Caldoro appare in quanto bersaglio di un falso dossier, pubblicato nel febbraio del 2010 da un blog, in cui si alludeva a sue frequentazioni con transessuali.
L’ex-governatore Caldoro è stato sentito come parte lesa
Per questo filone sono accusati di diffamazione l’ex sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino, all’epoca coordinatore campano del Pdl, l’ex assessore regionale Ernesto Sica, l’imprenditore Flavio Carboni, Arcangelo Martino, ex assessore comunale di Napoli e l’ex-giudice tributario Pasquale Lombardi. Rispondendo a una precisa domanda del pm Caldoro ha escluso che la redazione e la diffusione del falso scoop avesse a che fare con le normali rivalità all’interno del partito: «Di una cosa sono certo, che questo dossier non nacque all’interno dell’allora Pdl. I rapporti tra me e Cosentino – ha aggiunto – sono stati sempre molto difficili ma solo dal punto di vista politico. Ma quando il caso esplose la sua candidatura alla Regione era già tramontata e io ero il candidato in pectore».
«Fu Verdini il primo ad informarmi del falso dossier»
L’ex-governatore ha quindi ricordato che la prima persona che lo informò del dossier fu Denis Verdini. «Ci incontrammo in Parlamento – ha detto Caldoro – e Verdini, che aveva con sé dei fogli, mi parlò di uno scandalo di carattere sessuale simile a quello che aveva coinvolto Marrazzo (Piero, ex-governatore della regione Lazio costretto dallo scandalo alle dimissioni, ndr) . Gli dissi di stare tranquillo, che erano fesserie. Verdini – prosegue Caldoro nella sua ricostruzione – mi rispose che mi credeva ma che doveva comunque informare il presidente Berlusconi. Non so come Verdini ebbe quelle carte ma io non persi la calma. Quando, circa un mese dopo da quell’incontro, un blog pubblicò le notizie presentai denuncia alle forze dell’ordine. La pubblicazione di una notizia del genere sulla stampa – ha poi concluso – avrebbe provocato certamente il ritiro della mia candidatura”.