Dopo la legge sulle unioni civili, sarà riconosciuto anche l’amore a tre?

8 Set 2015 8:45 - di Redazione

È un uomo d’onore, Stefano Rodotà. E quando, come ha fatto sul giornale fondato da Eugenio Scalfari, scrive che sulle unioni civili «si vorrebbe che la discussione muovesse dal suo innegabile presupposto – l’essere di fronte al più profondo tra i sentimenti che possono legare due persone» gli si deve credere. Accanto a lui, ma anche prima di lui, è un coro che lo sostiene. Rodotà ha evocato anche quanto affermato dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, dalla Corte europea dei diritti dell’uomo ed altre fonti prestigiose, concludendo che «di fronte ai diritti fondamentali della persona la politica deve essere capace di non rimanere prigioniera delle proprie convenienze, pena la propria delegittimazione e l’intervento di altri organi costituzionali». E a Rodotà si deve credere. Rimane però una domanda a cui gli uomini d’onore come il succitato, come Eugenio Scalfari, ma anche come la mi nistra Boschi, la presidente Finocchiaro, i presidenti di Senato e Camera e persino una parte non terza come Flavio Romani, presidente di Arcigay, dovrebbero dare, “pena la propria delegittimazione”, una risposta diretta e senza arzigogoli.

La domanda: per l’amore di Stato quant’è una coppia?

Premetto: a) l’articolo 2 della Costituzione afferma che «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo», b) il successivo articolo 3 afferma che «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali», e) II diritto d’amarsi è certamente un diritto inviolabile e il di lui rispetto riguarda la dignità umana e la condizione personale e sociale, tanto che la Stato italiano sta per dotarsi di una legge che ne disciplina l’assetto giuridico. Tornare alla domanda ora diviene più logico, più motivato, ma più imbarazzante. Infatti, chi siamo noi per giudicare se chi si ama in più di due non abbia il diritto di vederselo giuridicamente garantito? Certo, si tratta di casi non frequenti, ma potrebbe la Costituzione tollerare di vedere scritto, seppure in filigrana, prima dell’attuale articolo tré un li mite numerico? Cioè, potrebbe l’articolo tré iniziare affermando «(Salvo che per ragioni numeriche) tutti i cittadini hanno pari dignità sociale etc…»?.

Perché l’amore di Stato non dovrebbe lasciare libertà all’amore che è insorto naturalmente tra più di due persone?

Nel 2012 il sindaco di Tupa, in Brasile, ha sposato in unione civile tré persone, un uomo e due donne. E nel 2013, in Olanda, il signor Victor de Bruijn, eterosessuale, e le signore Bianca e Mirjam, bisessuali, hanno reso legale dinanzi ad un notaio la loro unione civile. In Italia, è certo, qualcuno è già pronto a ricorrere alla Corte costituzionale per rimediare a questa probabile gravissima iniquità.

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