Corbyn, vicino ai greci di Syriza, è il nuovo segretario del Labour Party

12 Set 2015 14:11 - di Mauro Achille

Jeremy Corbyn, 66 anni, deputato anti-austerity, e’ il nuovo leader del Labour britannico.  Il candidato della sinistra pacifista ha sbaragliato alla prima votazione, con il 59,5%, i tre rivali ‘di establishment’: Andy Burnham, Yvette Cooper e Liz Kendall. Corbyn succede a Ed Miliband, dimessosi dopo la sconfitta alle elezioni politiche di maggio. Vicesegretario del partito sarà Tom Watson, considerato la bestia nera di Rupert Murdoch. Secondo gli analisti l’elezione di Corbyn rappresenta una rivoluzione per il partito laburista. Una scossa che proietta i socialisti inglesi su posizioni simili a quelle dei greci di Syriza : più tasse ai ricchi e rinazionalizzazione di alcune industrie tra cui le ferrovie. Non è un caso che il nuovo segretario abbia incontrato sul suo cammino l’opposizione di influenti leader del passato del Labour, tra cui l’ex premier Tony Blair, sceso in campo in prima persona per bloccarne l’ascesa.

Tony Blair aveva cercato di bloccare l’ascesa di Corbyn

Blair aveva cercato di convincere il partito a non cedere alle lusinghe di un “vecchio socialista” come Corbyn. Anche il primo ministro britannico David Cameron aveva rivolto critiche alle proposte economiche lanciate dal neo segretario del Labour, dicendosi “esterrefatto” dal dibattito sviluppatosi sulla leadership del partito. “Chiunque sia il vincitore – aveva detto Cameron – il Labour è un partito che ha completamente abbandonato il dibattito sulle idee e che non rappresenta più i lavoratori”. Per il premier inglese la deriva dei socialisti costituisce una “minaccia per la sicurezza finanziaria di tutte le famiglie nel Regno Unito“. Intanto nel primo discorso da segretario Jeremy Corbyn ha subito annunciato  una manifestazione in favore dei rifugiati, e contro la linea dura del governo conservatore. “Vogliamo dimostrare come i rifugiati devono essere trattati” e accolti, ha detto. Dare “speranza alla gente comune che e’ piena fino qui di ingiustizie, disuguaglianza, poverta’ non inevitabile”.

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