Compagni poco solidali: in Toscana il comune “rosso” non vuole i migranti
Definire un feudo rosso Badia Prataglia, comune toscano della provincia di Arezzo al confine con l’Emilia Romagna, è un eufemismo. Qui la sinistra imperversa da sempre. Si riempiono la bocca di antifascismo a ogni occasione e in ogni circostanza. Qui ha sempre “regnato” il vecchio Pci, oggi il sindaco ovviamente è del Pd, eletto addirittura con l’83% delle preferenze. Alle Europee il Partito democratico ha preso percentuali nordcoreane cone il 62%. Qui la destra è vista come il fumo negli occhi e la Lega di Matteo Salvini non arriva al 2 per cento. Accade però che in paese vengono assegnati dalla Regione Toscana l’irrisorio numero di 25 (venticinque, avete letto bene) profughi. Un numero buono per fare una partita di calcio con arbitro e guardalinee. A quel punto il paese rosso antifascista si scopre anche anti-migranti. E in paese i compagni si sentono molto meno solidali di quando andavano al voto convinti che gli immigrati alloggiassero solo a Lampedusa, al Sud e nelle grandi città. Non potevano immaginare finissero pure sul cocuzzolo di questo paesello, frazione di Poppi, che conta ufficialmente 800 anime. Così il proprietario del principale albergo della zona ha parlato con l’inviato del Corriere della Sera argomentando come fosse un esponente di Fratelli d’Italia, di Forza Italia o del Carroccio. Stessi concetti. Ci sono «vecchi donne bambini. Chi li protegge? I vigili salgono da Poppi solo per fare qualche multa. Al valico con la Romagna c’è una caserma della polizia, ma la chiuderanno. I forestali erano 50, sono rimasti in cinque. Restano tre carabinieri ma dovranno pur fare i turni, no? Una notte su due i profughi saranno padroni dal paese. Chi ci assicura che siano tutti brave persone? Come possiamo fidarci di loro?».
A Badia Prataglia antifascisti e contro i migranti
Tutti i paesani, che nei mesi scorsi hanno armato una protesta popolare in Comune pretendendo e ottenendo che i migranti assegnati scendessero a 25 (in un primo momento dovevano essere cento), insistono con il cronista nel dire di non essere razzisti. «Siamo solidali, ma i casi di malaria e di turbecolosi all’ospedale di Pisa aumentano. I migranti portano le malattie. Ci hanno mandato kosovari, che erano tranquilli. Poi hanno mandato i rom, ma per fortuna li hanno spostati dopo 40 giorni. Rubavano a man bassa. Ora i profughi no, abbiamo accolto tutti, ma ora non riusciamo più. Diventerebbero loro, i profughi, i padroni del paese». E adesso chi glielo dice alla Kyenge e alla Boldrini?