La Cassazione: non è reato disegnare stranieri che delinquono

14 Set 2015 18:54 - di Domenico Labra

Per la Corte di Cassazione Non è reato disegnare e distribuire caricature. Neppure degli stranieri che delinquono. È un messaggio politico forse “grossolano” e carico di “pregiudizio”, ma non costituisce reato.  Specie se si è in periodo di campagna elettorale. La Cassazione ha assolto con questa motivazione, perché il fatto non sussiste, un politico friulano, Stefano Salmè, candidato alle elezioni europee del 2013 con la Destra Sociale – Fiamma Tricolore. L’Italia “assediata” da un nero spacciatore, un cinese venditore di merci contraffatte, un musulmano con cintura esplosiva, due rom pronti depredare e un Abramo Lincoln, rappresentazione della finanza americana, attorniato da dollari svolazzati, e lo slogan “basta usurai – basta stranieri”: questo il messaggio con cui Salmè aveva approcciato la competizione elettorale. E che gli era costato una condanna, in primo e secondo grado, a una multa di tremila euro per aver propagandato idee fondate sulla superiorità di una razza e sull’odio razziale. I giudici di merito avevano ritenuto di sanzionare il fatto in base alla legge 654 del 1975, che ratifica le disposizioni sulle manifestazioni di discriminazione razionale contenute nella convenzione di New York del 1966. Il politico si era difeso in giudizio sostenendo che il volantino, diffuso in un periodo di febbrile attività politica, non prendesse di mira genericamente gli stranieri ma “gli stranieri che delinquono”, ritenendo necessario porre loro un argine. Una tesi accolta dagli ermellini (sentenza numero 36906 della Terza sezione penale della Cassazione) che hanno sottolineato come “la discriminazione per l’altrui diversità è cosa diversa dalla discriminazione per l’altrui criminosità”, e che “in definitiva un soggetto può anche essere legittimamente discriminato per il suo comportamento, senza che si incorra in sanzionale penale”. Il volantino in questione, ad avviso della Cassazione, “in maniera alquanto grossolana, vuole veicolare un messaggio di avversione politica verso una serie di comportamenti illeciti che, con una generalizzazione che appare una forzatura anche agli occhi del destinatario più sprovveduto, vengono attribuiti a soggetti appartenenti a determinate razze o etnie”. Ma non costituisce “una propaganda penalmente rilevante”. Il giudice di merito, afferma la Corte di Cassazione, “sarà chiamato di volta in volta a valutare nel caso concreto”, e qui “siamo di fronte, evidentemente, ad un messaggio politico che risente di un pregiudizio”, per cui certi reati vengono commessi “prevalentemente dai membri di determinate etnie”, tuttavia “appare nell’occasione prevalere il diritto alla libera manifestazione del proprio pensiero politico nell’ambito di una competizione elettorale”.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *