Kyenge voleva la testa di Calderoli: il Pd mi ha tradito e lui è un “razzista”
Tradita dal Pd, non sa se resta. Cécile Kyenge minaccia di lasciare il Partito democratico se non arriverà una presa di posizione da parte di Renzi. L’ex ministra del governo Letta non ha digerito la decisione del Senato di limitare l’autorizzazione a procedere contro Roberto Calderoli all’accusa di diffamazione e di respingere la richiesta del tribunale di Bergamo di procedere per il reato di istigazione all’odio razziale. Il caso era scoppiato quando l’esponente leghista l’aveva definita “un orango”. Erano seguite le scuse e un mazzo di fiori che l’ex ministro del governo Letta aveva accettato. La Kyenge allora non lo aveva querelato. Di quella vicenda erano rimasti però per l’esponente leghista i guai giudiziari, sfociati nella richiesta di autorizzazione a procedere e nel voto del Senato. Ora in base al voto di Palazzo Madama Calderoli non va a processo perché la diffamazione è a querela di parte. Una decisione che la Kyenge non ha accettato. Intervistata da Repubblica la Kyenge, attualmente europarlamentare del Pd, ha parlato di una «decisione che getta un’ombra pesante sulla lotta al razzismo».
Kyenge attacca il Pd e chiede il sostegno di Renzi
Lascia il Pd? «Dipende dai comportamenti che ci saranno nei prossimi giorni. I parlamentari del Pd che hanno votato così dovranno risponderne alla propria coscienza. È una scelta grave, perché è un caso di razzismo», ha detto sottolineando anche di provare “amarezza”. «Non polemizzo, ma una domanda a quelli del mio partito che hanno votato così voglio rivolgerla: si sono interrogati sul serio sull’effetto che avrà questo voto, da domani? Con che coraggio potremo trasmettere il valore di custodi dei diritti ai giovani?». E poi ha aggiunto, «quando si entra nelle istituzioni, si fa giuramento di adempiere in trasparenza ai propri compiti. E quindi chi trova scusanti dovrebbe domandarsi: sono davvero al mio posto? A chi mi riferisco? A chi ha votato così. Se qualcuno ha considerato un’attenuante il fatto che Calderoli si sia scusato, forse ha sbagliato davvero posto». E infine dulcis in fundo: «Il mio perdono a Calderoli l’ho dato, ma non si tratta più di un fatto personale. Si tratta di una questione di principio… ». Ora non le resta che rivolgersi alla Corte europea.