Arrestato, espulso, torna sul barcone. È l’ennesimo caso (di chi è la colpa?)
È accaduto ancora una volta: un immigrato, condannato ed espulso, è tornato su un barcone. Accade perché c’è la convizione di farla franca, l’Italia è considerata incapace di controllare e di mettere qualcuno a lungo in galera. L’ultimo caso si è verificato a Oristano. Uno dei 59 migranti arrivati in provincia di Oristano lo scorso 24 agosto dopo essere stati raccolti in mare dalla nave norvegese Siem Pilot al largo delle coste libiche è stato arrestato dalla polizia in esecuzione di un ordine di carcerazione emesso nel 2012 dal Tribunale di Modena.
Espulso e tornato, il pachistano deve scontare una condanna di 6 mesi
Si tratta di un pachistano di 25 anni che deve scontare una condanna a sei mesi e 20 giorni perché fra il 2007 e il 2011, da clandestino, per evitare di sfuggire al provvedimento di espulsione aveva fornito alle forze dell’ordine oltre 20 identità personali differenti. Dopo la condanna era scattata anche l’espulsione, ma il giovane ci ha riprovato. A tradirlo sono state le impronte digitali che hanno permesso agli specialisti dell’Ufficio immigrazione della questura di Oristano di scoprire la sua vera identità. A quel punto è intervenuta la squadra mobile che ha provveduto all’arresto. Il giovane ora è rinchiuso in una cella della casa circondariale di Massama. «L’imponente macchina operativa costituita dalla polizia di Stato per far fronte a questa ondata migratoria – ha spiegato il questore Francesco Di Ruberto – serve per discernere il diritto di asilo da coloro che non lo hanno e che tentano di approfittare della circostanza per rientrare in Europa e continuare a delinquere».