Renzi contro la “società civile”, un mito politico che ha fatto il suo tempo

12 Ago 2015 12:25 - di Renato Berio

Matteo Renzi demolisce un mito che a sinistra sembrava indistruttibile: la retorica della società civile. («Questa retorica della società civile – è la frase pronunciata dal premier –  da contrapporre al partito (come se il Pd fosse la società incivile) per me è insopportabile. Non è che se uno non si è mai iscritto a un partito è società civile e invece chi fa il militante alle feste dell’Unità o ha una tessera in tasca è incivile»). Eppure il “mito” della società civile ha caratterizzato la Seconda repubblica e consisteva nel ritenere che dal mondo dell’imprenditoria, delle professioni e della cultura potesse scaturire la nuova élite sostitutiva della partitocrazia. Così non è stato. Coniugando il mito della società civile con il progressismo la sinistra ha pagato un tributo altissimo a utopie e fanatismi. “Nel corso degli anni – ha scritto Andrea Romano, ex parlamentare eletto con Scelta civica e poi passato nelle file renziane –  quell’annuncio ha vestito tra gli altri gli abiti dei girotondi di Pancho Pardi, del “ceto medio riflessivo” di Paul Ginsborg, della retorica dell’indignazione giustizialista di Micromega, del millenarismo di Barbara Spinelli, etc. Per poi finire politicamente divorato dal fenomeno grillino, che ha di colpo travolto ogni promessa di nuova sinistra civile semplificandola nell’esibizione rumorosa del cittadino combattente”. Ora Renzi ha ribaltato la questione: nei partiti non ci sono i “brutti, sporchi e cattivi” opposti ai colti e disinteressati idealisti della società civile: nei partiti c’è chi prende le decisioni e fa politica. Sarebbe però avventato concludere che la società civile non è più una risorsa bensì una sorta di palla al piede, un’appendice lessicale della vecchia sinistra incapace di vincere e che questo vale per tutti e a tutte le latitudini. Forse il mito della società civile è stato in passato troppo utilizzato per coprire la crisi di credibilità in cui i partiti versavano e versano ma certo non possono essere solo gli apparati su cui i leader si appoggiano a fornire al sistema Paese la spinta riformatrice di cui ha bisogno. Politica e società civile possono e devono collaborare, al di là delle forzature dialettiche in cui queste categorie vengono costrette solo per dare spessore alla stucchevole dialettica interna al Partito democratico.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *