La nuova ideologia della destra? Il linguaggio politicamente scorretto

10 Ago 2015 12:21 - di Renato Berio

Sarebbe la “neoideologia della scorrettezza politica” il nuovo verbo della destra e non solo in Italia ma a tutte le latituidini. Lo sostiene Massimiliano Panarari, docente di comunicazione politica, in un intervento su La Stampa (“Quanto paga il linguaggio scorretto”, questo il titolo) prendendo spunto dallo scivolone in tv di Donald Trump, candidato alle primarie repubblicane per la Casa Bianca, che con una frase di dubbio gusto ha fatto allusione al ciclo mestruale della conduttrice, accusandola con ciò di essere troppo aggressiva (“le usciva sangue da tutte le parti”). La destra dunque avrebbe come suo faro ideologico “la volontà di picconare l’odiatissima retorica della correttezza politica”. Ovviamente per Panarari questa “svolta” rischia di sfociare nell’inciviltà ma non c’è dubbio che sia un lessico capace di conquistare i ceti poveri e disagiati.

L’ideologia non si fonda solo sul linguaggio

Un’ideologia però non può fondarsi solo sul linguaggio: e dunque la comunicazione scelta sarà quella più congeniale all’obiettivo politico e non può essa stessa costituire la sostanza cui fare riferimento. A pensarci bene il linguaggio politicamente corretto mira a normalizzare una realtà dove esistono differenze, brutture, cattiverie, ostilità, degenerazioni, malattie, sofferenze, morte, guerre. E’ un linguaggio “straniante” il cui effetto immediato non è un maggiore tasso di civiltà e di diritti ma una rassicurazione, come se si stendesse un velo pietoso sulle cose che non vogliamo vedere o che non riusciamo ad accettare. Gli esempi non mancano: è la stessa operazione psicologica sottesa alla scelta di chiamare le guerre “missioni di pace”  o di chiamare indiscriminatamente “migranti” sia i regolari sia i clandestini sia i richiedenti asilo. Logicamente è sul versante della destra, da sempre ancorata ad un robusto realismo, che ci si accanisce nella demolizione i questi artifici dialettici. Finché tutto questo non scade nella maleducazione o nel cattivo gusto si tratta di una dialettica culturale che può dare buoni frutti.

Il ruolo dei leader nel moderare gli estremismi

Ha ragione invece Panarari quando rimpiange i leader che si davano da fare per frenare gli estremismi viscerali dei loro sostenitori anziché assecondarli. Un leader infatti non è tale solo per il consenso che gli viene dai sondaggi ma anche per la capacità di controllare le pulsioni dei propri seguaci indirizzandole verso finalità più alte degli egoismi personali o locali. La politica è sempre arte di governare, infatti, capacità di fornire soluzioni e non solo bandiere da innalzare quando si è arrabbiati.

 

 

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