Niente formazione obbligatoria, niente sussidio: tranquilli, accade a Londra
«Severità e niente scuse». Fine dell’assistenzialismo in versione britannica. E’ un capitolo delicato, visti i tempi che corrono. Comunque, il sasso è stato lanciato nello stagno. E giornali britannici sintetizzano il giro di vite coniando lo slogan «work boot camp», ovvero i campi di addestramento obbligatori al lavoro, il che evoca brutte immagini ma non infastidisce i firmatari del piano e tanto meno il governo Cameron. La nuova disciplina si spiega in modo semplice: tutti i giovani dai 16 ai 21 anni che chiedono l’assegno di disoccupazione avranno l’obbligo di frequentare nei centri di collocamento corsi di 71 ore allo scopo di imparare a compilare un curriculum vitae e a sostenere i colloqui per le assunzioni, oltre a tutti quei piccoli accorgimenti utili per entrare nel mondo del lavoro.
A Londra i disoccupati avranno l’obbigo di frequentare nei centri di collocamento corsi di 71 ore
Nessuna eccezione, tranne che per gli invalidi accertati. Altrimenti addio per sempre al sussidio (il «job seeker allowance»). E addio pure al contributo per l’affitto di casa («housing benefit»). «Dovranno mettersi sotto e di buona lena», proclama il ragioniere capo dello Stato. La spesa pubblica, che viaggia sui 735 miliardi di sterline all’anno (più di mille miliardi di euro) va riformata e il capitolo «sicurezza sociale», 210 miliardi di sterline (300 miliardi di euro) è nel mirino per essere completamente ridisegnato.
Il governo Cameron vuole combattere la welfare-dipendenza
La welfare-dipendenza è un virus subdolo che si insinua nella vasta platea degli onesti aventi diritto all’aiuto pubblico, i milione e 860 mila disoccupati, il 5,6% della forza lavoro (dati di luglio), 738 mila i giovani dai 16 ai 24 anni, il 16 per cento. Gli assegni mensili ricevuti dallo Stato possono essere generosi, fino a 500 sterline (700 euro) alla settimana, ragion per cui c’è chi, e non si tratta di casi isolati, preferisce «accontentarsi» del soccorso statale ed evitare ogni possibile occupazione, specie se poco gradita. «Le nuove generazioni devono uscire per il loro bene da questa logica», dichiarano convin ti il ragioniere capo dello Stato e il viceministro delle attività produttive, si legge su “Il Corriere della Sera”.