Mezzo milione di emendamenti si abbatte sul nuovo Senato di Renzi
Sulla riforma del Senato è guerra di nervi e di emendamenti. Matteo Renzi continua a sfoderare un pragmatico ottimismo misto a sfida (andiamo al voto e vedremo chi ha i numeri) ma la verità è che è letteralmente assediato da sinistra e da destra, alla resistenza della minoranza interna, che pretende la riscrittura del ddl Boschi, ai aggiunge il pressing di Forza Italia, Lega, Cinquestelle, Sel e persino del neonato gruppo di Verdini, che pure è candidato a puntellare la maggioranza, alla quale sulla carte mancano una quindicina di senatori. Preoccupato, il capogruppo Pd al Senato, Luigi Zanda, fa appello alla responsabilità dei senatori invitandoli a sciogliere i nodi in commissione per evitare le barricate in aula. Tra le modifiche richieste trasversalmente la riscrittura delle modalità di elezione dei “nuovi” senatori” appannaggio dei consiglieri regionali.
Senato a rischio
Allo scadere del termine una pioggia di emendamenti (sono stati presentati 513.449) si abbatte sulle riforme costituzionali all’esame in commissione. Sono “solo” diciassette ma pesanti e ultimativi quelli firmati dai ribelli del Nazareno che chiedono l’elezione diretta dei senatori. «Il Senato della Repubblica è eletto dai cittadini su base regionale, garantendo la parità di genere, in concomitanza con la elezione dei Consigli regionali» si legge nell’emendamento clou presentato dalla minoranza dem. Anche Sel fa la sua parte con mille emendamenti con l’intento – spiega il capogruppo Loredana di Petris – «di rimediare ad alcuni dei limiti e dei guasti più gravi della riforma, su punti centrali come l’elettività dei senatori, le funzioni del nuovo Senato e il bilanciamento di poteri tra le diverse istituzioni». Quasi duecento i ritocchi al decreto firmati dai grillini «Partendo dal presupposto che per noi questa riforma è sbagliata ed è fatta da un parlamento non costituzionale – spiega Vito Crimi – non siamo d’accordo sul fatto che il Senato rappresenti le istituzioni territoriali e non rappresenti i cittadini.
Gli emendamenti azzurri
Più di mille anche gli emendamenti presentati da Forza Italia all’insegna di un maggior bilanciamento delle funzioni tra Senato e Camera e una maggiore legittimazione dei senatori, attraverso l’elezione diretta. Per Maurizio Gasparri il “senaticchio” che piace alla maggioranza Pd «è una camera priva di funzioni istituzionali reali, inutile, meglio allora abolirlo del tutto. Ma se invece, come è giusto, deve avere il suo rilievo, la prima modifica al testo di riforme è l’elezione diretta dei suoi componenti».
La minaccia di Calderoli
«Facciano quello che vogliono. Il mezzo milione di emendamenti diventerà un milione in aula», minaccia Roberto Calderoli, «a fronte di un milione di emendamenti la struttura di Palazzo Madama non riuscirebbe neanche a stamparli. Per regolamento infatti il milione di emendamenti dovrà essere stampato e distribuito a ogni senatore. Non parlo a vanvera, io studio». Qui si rischia che venga giù tutto – continua l’esponente leghista ironizzando sulle riforme renziane – volevano il bicameralismo paritario, e invece rischiano di far crollare Palazzo Madama».
Serracchiani: dialoghiamo con tutti
Forte dell’aiutino di Napolitano a Renzi, il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini, incrocia i guantoni con la minoranza bersaniana. «Nella riforma del Senato sono possibili cambiamenti che non riportino però al punto zero del cammino che abbiamo già iniziato. Ci confronteremo in Senato con la speranza che si possa avere la responsabilità da parte di tutte le forze politiche». Nella partita a scacchi tra Renzi e la minoranza scende in campo anche Deborah Serracchiani assicurando nuove aperture. «Siamo impegnati su un cammino di riforme talmente importante che se le altre forze politiche vorranno discutere saremo sempre disponibili. Se vorranno, parteciperanno. Non è un patto del Nazareno ma un impegno a coinvolgere tutte le forze in Parlamento».