La “rivolta dei reggiseni” esplode a Hong Kong: in centinaia in piazza

3 Ago 2015 18:35 - di Franco Bianchini

Esplode la rivolta dei reggiseni al grido di: «Il seno non è un’arma». Centinaia di persone, uomini e donne di ogni età, sono scesi in piazza a Hong Kong con questo slogan per sostenere la causa di Ng Lai-ying, una trentenne arrestata e condannata nei giorni scorsi con l’accusa di aver «attaccato con il seno» un poliziotto. Brandendo la stessa «arma» della giovane donna, i manifestanti hanno sfilato di fronte alla sede della polizia in reggiseno per opporsi alla condanna a tre mesi e mezzo di carcere. Si tratta di uno dei tanti strascichi surreali delle manifestazioni dell’autunno scorso, quando parte di Hong Kong venne bloccata in seguito all’occupazione per il pieno suffragio universale, chiamato da allora il “Movimento degli Ombrelli”.

 La rivolta dei reggiseni per la giovane arrestata

Dopo che i sit-in vennero fatti sgomberare dalla polizia, le manifestazioni per il suffragio universale e per una maggiore autonomia dalla Cina sono continuate con regolarità quasi quotidiana. Allo stesso tempo, le relazioni fra i gruppi pro-democrazia e la polizia sono andate deteriorandosi, portando ad una delle fratture sociali più gravi degli ultimi anni. Ora, il caso di Ng Lai-ying e della sua improbabile condanna sta aggiungendo ulteriore tensione in città. Nel corso di una protesta contro i contrabbandieri cinesi che sconfinano a Hong Kong sotto l’apparente indifferenza della polizia (uno dei tanti punti di tensione fra locali e cinesi d’oltrefrontiera), infatti, Ng, che si trovava in prima fila, ha sostenuto di essere stata aggredita sessualmente da un poliziotto, Chan Ka-po. Per controbattere l’accusa, Chan ha denunciato la giovane per averlo «assalito con il seno»: accusa accolta dalla Corte. E mentre nessuna inchiesta è stata aperta sulle accuse fatte dalla giovane, il magistrato Chan ha riconosciuto la colpevolezza della ragazza, malgrado alcune fotografie scattate nel corso della manifestazione mostrino Ng sanguinante dal volto mentre viene trascinata via dalla polizia, e malgrado anche il magistrato stesso abbia riconosciuto che Chan Ka-po non ha riportato alcun trauma fisico. Ecco dunque la protesta messa in scena a Hong Kong, la rivolta dei reggiseni, da uomini e donne con imponenti reggipetti per esprimere la loro solidarietà nei confronti di Ng. La quale continua a professare la sua innocenza e ha chiesto l’appello. Nel frattempo, online, molte ragazze di Hong Kong stanno postando fotografie di vertiginosi décolleté con la scritta «Non è un’arma», e impazzano magliette con reggiseni, o seni, stampati sopra con lo stesso slogan. Il magistrato in questione ha sostenuto di essere stato vittima di minacce e intimidazioni da quando ha pronunciato la sentenza. Ma nella confusione generale che si impossessa di diverse strade di Hong Kong ogni sera, quando decine di studenti continuano a portare avanti manifestazioni anti-contrabbandieri cinesi e pro-democrazia, quello che emerge con costanza è la frattura fra la gioventù di Hong Kong e Pechino, e fra le forze dell’ordine e la popolazione.

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