Cambogia, morta la “lady rossa”: fu responsabile di torture, fame, stragi

22 Ago 2015 18:25 - di Giovanni Trotta

È stata un’irriducibile fino all’ultimo, prima che la demenza senile prendesse il sopravvento e la esonerasse dal processo per crimini contro l’umanità. Ma nessuno cercherà più di far parlare Ieng Thirith: l’ex “first lady” degli Khmer rossi è morta in queste ore a 83 anni a Pailin, la roccaforte degli ex guerriglieri maoisti che tra il 1975 e il 1979 furono responsabili di 1,7 milioni di morti. Un regime in cui Ieng, oltre a essere la cognata del “fratello numero uno” Pol Pot, servì da ministra degli affari sociali, parte della cricca che mise la Cambogia in ginocchio con la sua utopia agraria e sociale. Dall’arresto nel 2007 ordinato dal tribunale misto dell’Onu a Phnom Penh, accusata di una lunga serie di crimini insieme al marito Ieng Sary (ex ministro degli esteri), di fronte ai giudici la donna non ha mai collaborato. Apparentemente incapace di riflettere su quegli orrori e sulle proprie responsabilità, aveva mostrato un piglio combattivo, culminato nel 2009 quando sbottò augurando ai suoi accusatori di finire “nel settimo girone infernale”. Tre anni dopo, con un incipiente Alzheimer, i suoi avvocati convinsero i giudici a rimetterla in libertà. Prima dell’arresto, assieme al marito viveva in una lussuosa villa di Phnom Penh, come altri ex leader indisturbata dalle autorità cambogiane in un Paese che dopo la follia dei Khmer rossi visse oltre un decennio di guerra civile.

Lady Khmer viveva in una lussuosa villa nella capitale

I due si erano conosciuti al liceo, ed erano saliti assieme fino ai vertici del movimento ribelle che prese il potere pochi giorni prima dell’abbandono del Vietnam da parte degli americani. Da ministra degli affari sociali, Ieng ebbe un ruolo di primo piano nel negare cure mediche a una popolazione stremata dal lavoro forzato nei campi, tra razioni di cibo minime e torture ed esecuzioni contro chiunque osasse esprimere dissenso contro la delirante visione di Pol Pot. Contribuì anche alla politica dei matrimoni forzati di massa, parte del tentativo di forgiare la popolazione della “Kampuchea democratica”. In un regime che da subito prese di mira gli abitanti più istruiti, dai medici agli insegnanti, Ieng era una dei principali intellettuali. Nata come Khieu Thirith da una famiglia benestante, con il padre magistrato, la giovane Thirith studiò nel più prestigioso liceo di Phnon Penh prima di laurearsi in letteratura inglese a Parigi, specializzandosi sulle opere di Shakespeare. Tornata in Cambogia nel 1957 con Ieng Sary, da cui ebbe quattro figli, lavorò come professoressa di inglese nella giungla al confine col Vietnam, l’area che in seguito subì pesantissimi bombardamenti americani man mano che la guerra contro i vietcong si impantanava: bombe che contribuirono all’emergere dei Khmer rossi. Il suo arresto aveva portato alla speranza di arrivare a una giustizia, seppur tardiva. Ma dopo il marito morto in attesa del processo, ora se n’è andata anche lei. Alla sbarra rimangono altri due altissimi leader, l’ex ideologo Nuon Chea e l’ex presidente Khieu Samphan. Entrambi ottuagenari, deboli e non disposti a collaborare. Proprio come Ieng, che ha portato i suoi segreti via con lei.

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