Autismo, la ricerca avanza: segnali anche dal pianto dei bambini

6 Ago 2015 8:34 - di Redazione

Mettere a punto farmaci mirati che, in futuro, possano riuscire a debellare la malattia e fissare criteri per una diagnosi quanto più precoce possibile per attivare sin da subito i trattamenti oggi disponibili. È lungo queste due direttrici che si sta muovendo la Ricerca sull’autismo e negli ultimi anni, affermano gli esperti, si sono fatti passi avanti notevoli: i più recenti studi dell’Istituto superiore di sanità (Iss) puntano ora i riflettori anche sul pianto ed il movimento dei neonati come possibili “indicatori” di questa malattia.

 Autismo, la cura definitiva è ancora lontana ma…

Una cura definitiva, però, non è ancora stata scoperta, e proprio questa è la sfida del prossimo futuro. «Per la diagnosi – spiega Maria Luisa Scattone, responsabile del Network Italiano per il riconoscimento precoce dei Disturbi dello Spettro Autistico (Nida) dell’Iss – il protocollo europeo prevede test sul neurosviluppo dal quinto al 36/mo mese di età del bambino. Ma noi stiamo portando avanti anche nuovi studi che puntano all’analisi del movimento e del pianto dei piccoli: ci sono infatti alcuni parametri sia dello sviluppo vocale sia del movimento spontaneo che risultano alterati in bambini che hanno poi sviluppato autismo». E la Ricerca si sta ora allargando anche al monitoraggio dei movimenti del feto già nel grembo materno: «Si tratta di indicatori importanti – afferma l’esperta – anche se sono necessari studi di conferma su una casistica più ampia». Ciò che però si sa con certezza è che in 1 caso 3 la causa dell’autismo è genetica, tanto che per un bimbo con familiari autistici il rischio di insorgenza della patologia è superiore di circa il 20%. Ma sono stati pure individuati fattori ambientali che possono causare da soli l’insorgenza della patologia, se l’esposizione a essi avviene in fase prenatale, come alcune infezioni virali nel primo o secondo trimestre di gravidanza da parte della madre. Altri studi starebbero inoltre provando una relazione tra l’autismo e l’esposizione ad alcuni pesticidi, sempre in fase prenatale. Tutte le altre ipotesi – come l’associazione tra autismo e vaccino trivalente – risultano invece prive di evidenze sufficienti, quando, affermano i ricercatori, non sono addirittura «vere e proprie leggende metropolitane’». Ad oggi, una cura definitiva ancora non esiste e le ultime linee guida dell’Iss, sottolinea Scattone, «raccomandano il ricorso alla terapia cognitivo-comportamentale per un recupero da parte dei bambini». E appare ancora lunga la strada verso la messa a punto di farmaci mirati, anche se ‘«primi risultaei su modelli animali – spiega la ricercatrice – lasciano ben sperare. Si è infatti visto che alla base dell’autismo c’è uno sbilanciamento tra due neurotrasmettitori, quelli dell’eccitazione e dell’inibizione; gli studi su topi hanno ora evidenziato come molecole che favoriscono o inibiscono tali neurotrasmettitori possono ricondurre alla normalità le anomalie comportamentali tipiche dell’autismo».

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