Riusciti i trapianti di teste sui topi, ora si pensa a quelli sugli uomini

25 Lug 2015 16:12 - di Redazione

Il trapianto di testa sull’uomo potrebbe diventare presto realtà in Cina, dove i dubbi di natura etica sono molto meno stringenti che in occidente. In Italia il principale sostenitore è il neurochirurgo italiano Sergio Canavero, in cerca di fondi per poter testare nella realtà le proprie ipotesi sull’intervento, mentre in Cina il ricercatore Xiao-Ping Ren ha già fatto il trapianto su mille topi con un metodo che, almeno secondo l’articolo pubblicato su CNS Neuroscience and Therapeutics, potrebbe essere esteso anche all’uomo. La tecnica, che ora verrà testata sulle scimmie e che si ispira a quella descritta dal chirurgo italiano, viene definita “abbastanza promettente da avvicinare la possibilità di effettuare l’intervento sull’uomo. Questa strategia preserva le funzioni neurologiche – scrive Ren, che lavora alla Harbin Medical University -, come dimostrano l’elettroencefalogramma e i riflessi dei nervi facciali, che rimangono intatti”.

Trapianti con tecniche spregiudicate

Non è la prima volta che la Cina fa notizia per l’uso di tecniche “spregiudicate”. Poche settimane fa un gruppo di ricercatori ha scatenato il dibattito nella comunità scientifica per aver usato delle tecniche di “taglia e incolla” del Dna su un embrione. Il governo cinese, spiega lo stesso Ren che è rientrato nel 2012 nel proprio paese dopo una carriera negli Stati Uniti, in un’intervista al Wall Street Journal, ha finanziato lo studio con 1,6 milioni di dollari. «Questo tipo di ricerche non è frivolo – sottolinea il ricercatore -. Se si riuscisse a perfezionare il trapianto potrebbe essere usato per aiutare quei pazienti che hanno il cervello intatto ma il corpo non funzionante, come chi ha un trauma alla spina dorsale o malattie degenerative dei muscoli». Il ricercatore cinese non si sbilancia su quando sarà possibile raggiungere un traguardo del genere, mentre Canavero, che ha illustrato le sue teorie recentemente alla conferenza della American Academy of Neurological and Orthopaedic Surgeons, è convinto che nel 2017 si potrebbe avere il primo tentativo, al punto da aver chiesto a Bill Gates di finanziare l’iniziativa. Un programmatore informatico russo che soffre di una malattia degenerativa ha già dichiarato pubblicamente che sarebbe pronto a sottoporsi all’intervento. I dubbi del mondo scientifico, però, ricorda un articolo recente su New Scientist, sono sia di tipo etico che pratico. Si va da chi come Harry Goldsmith dell’università della California, un pioniere della chirurgia del midollo, pensa che la procedura sia troppo complessa a chi usa apertamente il termine Frankestein per l’eventuale risultato, ritenendo impossibile che un comitato etico possa mai autorizzare una sperimentazione del genere. Lo stesso chirurgo sembra conscio del problema. «Se la gente non lo vuole in Europa o Usa – spiega al New Scientist – non vuol dire che non possa essere fatto altrove». E altrove, almeno a giudcare dallo studio di Xiao-Ping Ren, potrebbe voler dire proprio “in Cina”.

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