Sudan, due pastori evangelici rischiano la condanna a morte
Sudan, è di nuovo persecuzione anticristiana. La macchina dell’intollernza religiosa e del fantatismo islamico continua purtroppo a lavorare a pieno regime nell’Africa devastata dall’odio etnicio e della guerra civile. Capita così che, a un anno dalla vicenda di Meriam Ibrahim, cristiana all’ottavo mese di gravidanza e madre di un bambino di 20 mesi condannata a morte in Sudan per apostasia e poi liberata sull’onda di una mobilitazione internazionale, due pastori cristiano-evangelici, i reverendi Yat Michael e Peter Yein Reith, rischiano la stessa sentenza. Lo riferisce in una nota Italians for Darfur. Oggi, si legge nella nota, il giudice della Corte penale di Khartoum a cui è stato affidato il procedimento a carico dei due pastori ha confermato le accuse di blasfemia, spionaggio, attentato alla Costituzione e all’ordine pubblico, reati per i quali è prevista la pena capitale. Italians for Darfur aveva denunciato i due casi lo scorso febbraio e avviato una petizione per chiedere la loro liberazione. L’appello è stato raccolto dal senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione Diritti umani a Palazzo Madama, il quale aveva presentato un’interrogazione parlamentare rivolta al ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Entrambi i pastori sono tuttora tenuti in custodia in un carcere di massima sicurezza senza garanzia del rispetto dei propri diritti, come denunciato da Amnesty Internetional. Italians for Darfur ha anche sollecitato un’iniziativa al Parlamento Europeo. Un gruppo di europarlamentari, tra cui Gianni Pittella, Elena Valenciano, Silvia Costa, Patrizia Toia, Enrique Guerrero Saloma, Luigi Morgano, ha interpellato l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue e vicepresidente, Federica Mogherini, per sapere se l’ambasciatore dell’Unionein Sudan sia a conoscenza della vicenda e abbia notizie in merito alle condizioni dei due pastori. Inoltre si chiede di sollecitare il governo del Sudan sulla questione della tutela delle minoranze religiose, in particolare cristiane, intraprendendo azioni concrete affinché il Sudan rispetti la Costituzione, che garantisce la libertà religiosa in contrasto con quanto previsto dalla Sharia.