Sanità, prestazioni sempre più scarse per i “tagli” alle Regioni del governo

30 Lug 2015 13:07 - di Alberto Fraglia

Per il ministro Beatrice Lorenzin chiamarli “tagli” è sbagliato. Di più, un insulto. Si tratta di risparmi, giura. E se ci sono responsabilità nei conti ballerini che fanno impazzire la contabilità pubblica bisogna cercarli ai livelli regionali. Eppure, ora che il decreto enti locali ha avuto il placet del Parlamento, il ministro si deve arrampicare sugli specchi per difendere la sua teoria. Con i governatori che proprio non la mandano giù. Particolare non secondario: non protestano soltanto quelli che militano nei partiti di opposizione, come Zaia e Maroni, ma anche quelli del Pd , come il pugliese Michele Emiliano, che è arrivato a chiedere le dimissioni del ministro, visto che è stata “scavalcata” dal governo.

Sanità, un rebus ora far quadrare i conti per le Regioni

Voce per voce, la mannaia che si è abbattuta sulla voce sanità è pesante. In Lombardia il taglio secco è di 385 milioni di euro, nel Lazio 225 mln, in Campania 500. Ancora: in Sicilia 193 milioni, in Veneto 190, in Puglia 157,  in Toscana 148 e così via fino a scendere ai 19.488 euro di Bolzano e ai 4.939 della Valle d’Aosta. Per un totale di 2,35 miliardi per il 2015. Un ben rebus ora cercare di far quadrare i conti per le Regioni nel bel mezzo del corrente esercizio finanziario.

Sanità, Regioni in rivolta contro il ministro

Quel che contraddice pesantemente la tesi Lorenzin, al di là del proposito di razionalizzare il sistema e renderlo più efficiente come ama ripetere con ammirevole ostinazione lo stesso ministro, è il fatto che si tratta di tagli lineari e non selettivi. Non c’è nessun riferimento ai costi standard, pur sostenendo che intenzione del governo è quella di ridurre la spesa per acquisto di beni e servizi e per i dispositivi medici. L’aver messo sullo stesso piano, ad esempio, modelli sanitari come quello della Lombardia dotato di un apparato tecnologico assolutamente all’avanguardia, con quello di altre Regioni che ne sono carenti, smentisce clamorosamente l’idea di una premialità per chi ha amministrato meglio il settore e si è dimostrato virtuoso. Senza contare che a farne le spese saranno ancora una volta i cittadini.

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