Papi a tavola: in un libro le ricette “divine” che inebriarono i Pontefici
I Papi a tavola, conquistati dal cibo, nettare divino capace di inebriare l’anima e arrivare al cuore di Pontefici e uomini di gusto. Del resto, secondo quanto raccontano i Vangeli, Gesù, dal primo miracolo delle nozze di Cana all’istituzione dell’Eucarestia nell’ultima cena a Gerusalemme, non ha forse compiuto alcune delle sue gesta più importanti proprio intorno ad una tavola?
I Papi a tavola
Ne sanno qualcosa i due sacerdoti scrittori e amanti della cultura culinaria, Andrea Ciucci e Paolo Sartor, che in passato hanno già esplorato le ricette della Bibbia e quelle legate alla vita dei santi, e che oggi si ripropongono ai lettori con Mangiare da Dio (Edizioni San Paolo), la loro nuova fatica editoriale inetstata a piatti e ricette, golosità e rigore alimentare dei Pontefici: il tutto custodiuto e raccontato in 50 ricette “divine”. E allora, tra le pagine della storia culinaria del Vaticano, partendo da oggi, per esempio, scopriamo che Papa Francesco ama il mate argentino, ma non disdegna la buona tavola italiana, tanto che una volta raccontò scherzosamente di essersi recato, da arcivescovo di Buenos Aires, in un convento di suore italiane soprattutto per godersi una porzione di pane inzuppato nella bagna cauda piemontese. E del resto, anche nella recente visita a Torino, Bergoglio non ha smentito la sua passione per la buona tavola invitando i suoi parenti in Vaticano per mangiare insieme la zuppa a base di acciughe e aglio: non a caso, uno dei cinquanta piatti proposti nel nuovo volume di Ciucci e Sartor. Come pure, per par condicio, sempre restando all’interno dei confini vaticani, i due preti milanesi propongono tra le varie ricette anche quella del flan di zucchine, preparato dallo chef Sergio Dussin in occasione dell’ottantacinquesimo compleanno del Papa Emerito, Benedetto XVI.
Le ricette “divine”
Una rotta, quella dell’abbinamento cibo e religione, che i due sacerdoti, cultori dei segreti della “divina” gastronomia , seguono con successo: d’altronde «la tavola è anche condivisione e fratellanza». E così, senza discostarsi troppo dalle cucine di San Pietro e dintorni, don Ciucci e don Sartor svelano anche qualche curiosità tipica dell’annedotica storica, come per esempio l’invenzione delle crepes attribuita ad un Papa, Gelasio, che le fece offrire ad un gruppo di pellegrini francesi che si erano recati a Roma per la festa della Candelora: proprio da allora (Gelasio è vissuto tra il 400 e il 496) la crepe è diventata un dolce tipico francese. O come il rimando a Papa Leone XIII, indiscusso amante delle ciammelle, un dolce tipico di Carpineto Romano del quale il Santo Padre era talmente ghiotto che si narra come mandasse periodicamente persone di fiducia nel paese natale per fare scorta del suo cibo preferito. Piatti “poveri” al confronto del “desco principesco” di un suo predecessore, Leone X, che andava a caccia personalmente e che in cucina voleva lavorassero esclusivamente cuochi di fiducia. E ancora, scorrendo le pagine del volume, si apprende come un pasticcio di carne di manzo e patate, condito con mostarda, sia tra le pietanze ripescate nel libro appena pubblicato da San Paolo. Ma per chi vuole c’è anche la ricetta della cioccolata, apopena un po’ diluita per essere ammessa nei conventi anche nei giorni del digiuno. Oppure il baccalà come piaceva a don Lorenzo Milani. E infine il polipo alla gallega che mangiavano i pellegrini alla fine del Cammino verso Santiago di Compostela: un piatto ancora servito nelle trattorie della Galizia, con una ricetta rimasta immutata nei secoli. Come immutato nei secoli resta l’amore per la buona tavola e il culto della cucina alimentato dai Pontefici, con l’indipsensabile ausilio dei cuochi del Vaticano.