Metro da terzo mondo: la morte del bimbo è una tragedia annunciata

10 Lug 2015 10:36 - di Redazione

Un bimbo di quattro muore precipitando nella tromba dell’ascensore della stazione Furio Camillo della metropolitana di Roma. Una tragedia che accende i riflettori sul degrado, sulle inefficienze e sugli scandali della metropolitana romana, diventata il simbolo di una città che non funziona. La terribile storia del bambino morto riporta alla memoria un’altra tragedia: quella della stazione Tiburtina dove una turista inglese, il 28  ottobre del 2003, perse la vita stritolata dal tapis roulant e il ferroviere che cercò di salvarla per poco non perse le gambe.

Metropolitana di Roma: viaggio tra paura, sporcizie e degrado

Viaggiare nella metro della capitale è un percorso verso l’inferno dantesco. I vagoni e le stazioni che dovrebbero essere il fiore all’occhiello della capitale incutono, a cittadini e turisti, tanta paura: sono poco sicure e sporche e spesso invase da barboni, Rom e disperati che derubano i passeggeri. I guasti, i ritardi e il caos sono frequenti. Molti ascensori sono rotti, le scale mobili il più delle volte sono ferme. Alcune stazioni sono off limits per i disabili. E che dire della metro C appena inaugurata, dopo anni di ritardi, tra gli scandali e le inchieste? Nella vecchia linea B, nella linea Ostia-Lido manca l’aria condizionata. E poi ci sono gli scioperi che creano malumori e disagi ai passeggeri.

Metropolitana, lo “sciopero bianco” finisce in procura

A questi si aggiungono sempre più frequenti, in questi giorni di caldo bollente, anche le interruzioni del servizio,  per quello che è stato definito da Campidoglio ed Atac lo sciopero anti-badge perché i macchinisti contesterebbe l’uso del controllo elettronico dell’orario di lavoro. In realtà per i diretti interessati è uno sciopero «contro il taglio dello stipendio di 300-400 euro mensili». Uno “sciopero bianco” che ha provocato ritardi e rallentamenti.  E che ora è finito in procura e all’attenzione dell’Authority sugli Scioperi. Gli interessati sostengono che la giunta in accordo con l’azienda ha deciso in «maniera unilaterale di eliminare tutte le indennità dal 1962 ad oggi». E supportano la loro tesi spiegando che il 40% del servizio “ordinario” del trasporto pubblico romano è fatto attingendo agli “straordinari” dei dipendenti. Questo vuol dire che ipotizzando 100 turni, l’azienda ha le risorse per coprirne solo 60, gli altri 40 vengono coperti a straordinario che di per se non è obbligatorio fare. Il taglio di queste indennità su uno stipendio medio di 1400 euro circa sono pari ai 300-400 euro in meno in busta paga. Ora anche la procura indaga dopo un esposto del Codacons, il quale ha invitato i cittadini a «costituirsi parte offesa e chiedere il risarcimento danni nei confronti dei soggetti che saranno ritenuti responsabili di illeciti».

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