Delrio picchia duro sugli scioperi: “E’ sabotaggio”. E minaccia il licenziamento

26 Lug 2015 7:00 - di Redazione

«La metropolitana di Roma e il sito di Pompei possono sembrare molto diversi fra loro. Ma hanno anche qualcosa che le mette sullo stesso piano». Le condizioni in cui sono ridotte, forse. «No, sono beni comuni, appartengono alla collettività. E quindi credo sia giusto far rientrare la fruizione dei beni culturali tra i servizi pubblici essenziali. In modo da proteggerli meglio da quelle iniziative di protesta, non sempre legittime, che uniscono per danneggiare tutto il Paese». Graziano Delrio — ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti — picchia duro su “Il Corriere della Sera”.

«I beni culturali siano considerati servizi essenziali», incalza Delrio

«Lo sciopero è un diritto tutelato dalla Costituzione e quindi credo sia meglio evitare un intervento diretto del governo. In Parlamento ci sono già diverse proposte di legge, le accompagneremo verso l’approvazione con il coinvolgimento di tutti». È stato per caso il capo dello Stato a suggerirvi di evitare un intervento diretto? «Non mi sono confrontato con il presidente su questo tema. Ma su argomenti cosi delicati è giusto ragionare al di sopra degli schieramenti. Si può partire dalle proposte dei senatori Maurizio Sacconi e Pietro Ichino, ad esempio, e c’è anche una proposta di iniziativa popolare».

«Far rientrare la fruizione dei beni culturali tra i servizi pubblici essenziali».

In quei testi si dice che lo sciopero si può fare solo se proclamato da chi rappresenta il 50% più uno dei lavoratori del settore. Per lei resta quello il punto di partenza? «Si, come sono convinto che il referendum preventivo fra i lavoratori sia una buona idea». Anche l’ipotesi che in caso di sciopero illegittimo sia sanzionato non il sindacato ma direttamente il lavoratore? «Anche quella, ma ripeto: deciderà il Parlamento, non vogliamo imporre nulla dall’alto. Anche perché in caso di proteste selvagge e sabotaggio non c’è mica bisogno di nuove regole. Con le leggi che abbiamo si può arrivare anche al licenziamento». Sabotaggio, dice. Quindi pensa che in questi giorni a Roma gli stop e i ritardi siano stati dolosi? «Almeno in parte credo proprio di si. Una cosa è chiedere un contratto collettivo che non venga rinnovato ogni dieci anni senza dover aspettare la Corte costituzionale, una cosa è volere regole più chiare sulla formazione e l’aggiornamento. Un’altra è timbrare il cartellino e poi non lavorare come il contratto impone. Chi non rispetta le regole non sta protestando ma sta facendo un atto di sabotaggio, di spregio verso il bene pubblico. Con loro si deve essere molto duri, nessuna timidezza».

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