Corruzione, Bankitalia: la Pubblica Amministrazione non collabora

13 Lug 2015 17:11 - di Roberto Frulli

L’immagine iconica è quella di un castello assediato. Criminalità, terrorismo, corruzione, riciclaggio, evasione fiscale. Dall’alto della torre di avvistamento, l’Unità Informazione Finanziaria di Bankitalia vigila sull’orizzonte e lancia l’allarme: nel 2014 ci sono state in Italia 71.700 segnalazioni di operazioni sospette, più del 10 per cento dell’anno precedente. Un trend in crescita verticale che, nel consueto rapporto annuale dell’Istituto sul riciclaggio, svela anche come si sviluppa la minaccia finanziaria. E come reagisce lo Stato. Che, nei suo snodi burocratici, incredibilmente non collabora.
«Gli uffici della Pubblica Amministrazione, particolarmente esposti all’incidenza della corruzione per gli appalti e i finanziamenti pubblici – si duole pubblicamente l’Uif – mostrano ancora scarsa sensibilità per l’antiriciclaggio malgrado siano sempre stati ricompresi nel novero dei soggetti obbligati alla segnalazione. Ciò ne accresce la vulnerabilità». In parole povere, la Pubblica Amministrazione  non collabora.

Bankitalia: la Pubblica Amministrazione non collabora

«La corruzione – spiega il rapporto degli ispettori dell’Unità Informazione Finanziaria di Bankitalia – rappresenta una minaccia estremamente preoccupante per il nostro sistema economico-sociale; la diffusa percezione del fenomeno mina la fiducia del cittadino nelle istituzioni e nella politica. Le vicende più recenti pongono in luce come la corruzione sia divenuta anche il mezzo attraverso il quale forme sempre più evolute di criminalità organizzata si infiltrano nell’apparato pubblico, ne condizionano le scelte e così ampliano la penetrazione nel tessuto economico e sociale anche in contesti diversi da quelli tradizionali, con gravi danni per la collettività. È una criminalità che ha sempre meno bisogno di ricorrere all’intimidazione e alla violenza, perché mira a integrarsi nelle istituzioni, a minarle dall’interno».
Ed è a questo punto che il rapporto segnala la «scarsa sensibilità», per usare un eufemismo, degli uffici della Pubblica Amministrazione a segnalare fenomeni di corruzione e riciclaggio ma evidenzia, al contempo, che «un’azione integrata fra i presidi antiriciclaggio e quelli anticorruzione può rappresentare una robusta barriera verso i comportamenti infedeli.
L’Uif dedica poi un intero paragrafo del suo rapporto annuale all’evasione fiscale, che spesso è il presupposto alla creazione di riserve di denaro che viene poi riciclato.
«I reati fiscali – annotano gli ispettori – costituiscono un presupposto ricorrente dei fenomeni di riciclaggio. L’evasione fiscale coinvolge in modo diffuso e trasversale vaste fasce di cittadini, riduce le risorse a disposizione della collettività e delle principali politiche sociali, alimenta l’economia sommersa. La globalizzazione dei mercati favorisce l’evoluzione e il consolidamento degli schemi elusivi, che si avvalgono di transazioni commerciali, interposizioni fittizie, articolate triangolazioni finanziarie, anche su scala internazionale. Ne deriva un quadro di scarsa trasparenza» e «un’artificiosa complessità delle transazioni, che contribuiscono a creare un ambiente propizio al riciclaggio dei proventi derivanti anche da altri e più gravi reati».

Bankitalia, così mimetizzano i fondi del terrorismo

Ma c’è un’altra minaccia ben più grave. Ed è rappresentata dal flusso di denaro gestito dal terrorismo. Il finanziamento al terrorismo, svela il rapporto, presenta «capacità mimetiche» che «rischiano di nascondere la reale entità della minaccia». Talvolta «i fondi hanno tipicamente una provenienza lecita e il loro utilizzo viene dissimulato attraverso attività imprenditoriali o caritatevoli di facciata».
A partire dal 2014, i drammatici attentati e le azioni di guerra in diverse aree del Medio-Oriente, dell’Africa e del nostro Continente – spiega il Rapporto Uif – «hanno radicalmente mutato lo scenario di riferimento della minaccia proveniente dal terrorismo internazionale. Si è di fronte a un fenomeno nuovo». Rimangono «gruppi terroristici locali che hanno stretti collegamenti con le organizzazioni madri ma emerge anche un sistema “molecolare”, in cui i componenti hanno autonomia e capacità di auto-attivazione».
«Il finanziamento del terrorismo presenta, rispetto al riciclaggio, caratteristiche peculiari che incidono sulla sua individuabilità: le somme necessarie per le esigenze organizzative e operative non sono in genere di ammontare elevato; i fondi hanno tipicamente una provenienza lecita e il loro utilizzo per finalità illecite viene dissimulato attraverso attività imprenditoriali o caritatevoli di facciata; il trasferimento delle risorse avviene attraverso circuiti diversificati di tipo sia formale sia informale. Tali capacità mimetiche rischiano di nascondere la reale entità della minaccia e di far ritenere il sistema legale immune da illecite strumentalizzazioni. Occorre invece affinare le tecniche di prevenzione fondandole sull’attenta valutazione di un insieme composito di elementi riguardanti l’anomalia finanziaria delle operazioni, i profili soggettivi di chi ne è l’autore, i luoghi di provenienza e destinazione dei fondi; è pertanto indispensabile integrare tutte le informazioni disponibili nel sistema». L’esperienza dell’Uif, avverte l’Unità finanziaria di Bankitalia, «mostra diversi casi emblematici in cui sono stati segnalati operazioni e soggetti risultati poi effettivamente collegati a organizzazioni terroristiche».

 

 

 

 

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