Campi coltivati su Marte: gli scienziati realizzano la visione di Ray Bradbury
Potrebbe diventare realtà la visione di Ray Bradbury che, in Cronache marziane, immaginava un pianeta rosso coltivato e vivibile. Da tempo ci stanno lavorando equipe di biologi e cosmologi, molti dei quali italiani, che oggi annunciano: «Le prime prove dicono che è possibile» far crescere lattuga e pomodori su Marte e sulla Luna.
Verso una “filiera corta” spaziale
I risultati delle sperimentazioni sono stati presentati nel corso di un convegno sull’agrispazio, organizzato all’Università di Roma Tor Vergata. L’obiettivo è creare sistemi autosufficienti che possano permettere agli equipaggi umani di sopravvivere con prodotti “locali”. Una filiera corta spaziale, insomma, che è già stata messa alla prova con test sulla Terra e che a breve potrebbe vedere una nuova fase sperimentale grazie a uno speciale modulo destinato alla Stazione Spaziale. «La nuova frontiera dell’esplorazione spaziale è andare oltre l’orbita bassa e a questo scopo è fondamentale riuscire a creare una biosfera artificiale, utilizzando tecnologie biogenerative basate su alghe, funghi e microrganismi in sistemi a ciclo chiuso», ha spiegato Salvatore Pignataro dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), responsabile del coordinamento con la Nasa per l’utilizzazione nazionale della Stazione Spaziale Internazionale.
Modificare l’atmosfera di Marte
A questi sistemi autosufficienti lavora un gruppo italianissimo, l’Italian bioregenerative systems (Ibis), del quale fanno parte, accanto all’Asi, centri di ricerca e aziende. È nei laboratori dell’università Tor Vergata, poi, che il gruppo di lavoro coordinato dalla docente di astrobiologia Daniela Billi sta facendo crescere microrganismi capaci di sopravvivere a ambienti estremi. Qui si coltivano minuscole alghe, i cianobatteri, su un tipo di suolo simile a quello marziano. «Le prime prove dicono che è possibile», ha detto Billi. Si tratta di batteri molto resistenti e, facendoli moltiplicare, si ottiene una biomassa che da un lato è in grado di modificare l’atmosfera, arricchendola di ossigeno, e dall’altro di agire come un fertilizzante. «In futuro – ha rilevato la ricercatrice – sistemi autosufficienti alimentati da questi batteri potrebbero essere autonomi, completamente svincolati dall’intervento dell’uomo».
Le serre marziane in Antartide
Intanto è partito il conto alla rovescia per le prime simulazioni di ”vita marziana”: in agosto Cyprien Verseux, dottorando del gruppo di Daniela Billi, parteciperà alla spedizione Hi-Seas, alle isole Hawaii, mentre Giorgio Boscheri, della Thales Alienia Space, ha annunciato la partenza del primo test di serre marziane in Antartide, chiamato Eden e in programma presso la base di ricerca tedesca.