Birmania “umanitaria”, grazia del presidente per quasi 7000 prigionieri
Le autorità birmane hanno concesso la grazia a 6.966 prigionieri, tra cui 210 stranieri, che saranno liberati da varie regioni in tutto il Paese. Il provvedimento, spiega il ministero dell’Informazione sul suo sito web, è ispirato a «motivi umanitari e in vista della riconciliazione nazionale». Le grazie del presidente Thein Sein arrivano appositamente ora in coincidenza con una festa religiosa buddista e le imminenti elezioni generali di novembre. Secondo l’Associazione per l’assistenza ai prigionieri politici in Birmania, di sede in Thailandia, tra i beneficiari della grazia ci sarebbero anche 13 prigionieri politici, dietro le sbarre rimangono ancora 169 prigionieri politici, mentre 446 attivisti sono tuttora in attesa di processo.
La Birmania umanitaria
Si tratta dell’ultima di una serie di amnistie messe in atto dal governo della Birmania. Diversi prigionieri politici sono stati liberati nei mesi scorsi, sulla base del processo di riforme voluto dal presidente, l’ex generale Thein Sein, al potere dal 2011. Dal 2011 a oggi, quasi 2 mila prigionieri politici sono stati liberati in Birmania. Nell’ultimo anno, tuttavia, da più parti è stata denunciata una progressiva retromarcia del governo di Thein Sein per quanto riguarda le libertà democratiche e la gestione del dissenso. Tra i quasi settemila detenuti stranieri ci sono anche 153 taglialegna cinesi condannati all’ergastolo dopo essere stati arrestati a gennaio per traffico illegale di legname nel Nord della Birmania. Il caso aveva indignato l’opinione pubblica in Cina, costituendo l’ennesimo esempio di come i rapporti tra i due Paesi siano peggiorati dopo le aperture in senso democratico degli ultimi cinque anni.