“Amici miei” compie 40 anni: così il film cambiò la comicità italiana
Festeggia i suoi primi 40 anni la commedia di Mario Monicelli Amici miei, con Ugo Tognazzi, Philippe Noiret, Gastone Moschin, Duilio Del Prete, Adolfo Celi. Il film era stato ideato da Pietro Germi, autore di Divorzio all’italiana, che morì però prima che il suo soggetto potesse vedere la luce. Monicelli lo prese in mano e cambiò l’ambientazione: non più Bologna, ma Firenze. E così il Perozzi ed il Necchi, il conte Mascetti e Sassaroli (primario a Pescia…) parleranno fiorentino. Uno “sdoganamento” della comicità toscana che fu uno dei primi effetti della pellicola. Fu la “filosofia” del film però a conquistare il pubblico, soprattutto per l’epoca in cui venne prodotto: in pieno terrorismo. La visione era quella di affrontare il tempo che passa sdrammatizzando la vecchiaia con la burla, con la “zingarata” e in ultima analisi con il valore dell’amicizia, ma guardato sempre con distacco, come se dovesse evaporare da un momento all’altro e restare assorbito dagli egoismi individuali.
“Amici miei” esprime anche umor nero e disincanto
Film comico ma non troppo perché esprime anche un nichilistico disincanto: la critica parla di “crepuscolarismo” per un film che da un lato “addita la via del disimpegno” e anticipa le commedie di fine decennio, dall’altro trasforma in grottesco l’ “umore nero” di fondo di chi non credendo più a nulla ritiene che si possa ridere di tutto. Restano nella storia del cinema alcune scene memorabili, come quella degli schiaffi alla stazione e alcune espressioni come la “supercazzola”, insieme di frasi e non sense utilizzati nella narrazione come virtuosismi comici.