Tangenti Mose, il pm Nordio: ora tocca alle imprese, rischiano l’interdizione

4 Giu 2015 13:50 - di Paolo Lami

Esattamente un anno dopo la raffica di arresti che il 4 giugno del 2014 decapitò il sistema politico-imprenditoriale che ruotava attorno al Mose, la grande opera di ingegneria veneziana, per le tangenti legate ai lavori, l’inchiesta della Procura lagunare fa il giro di boa. E, archiviata la prima fase dei processi alle persone ora punta, diritta, alle aziende. Che rischiano grosso. E sulle quali può calare anche la scure pesantissima dell’interdizione dell’attività.
Carlo Nordio, procuratore aggiunto di Venezia, fa il punto della situazione e spiega al Gazzettino cosa si sta preparando all’orizzonte. Un orizzonte burrascoso per le aziende coinvolte nell’inchiesta. Perseguiremo le società che hanno tratto vantaggi da quel sistema tangentizio, avverte Nordio. Che anticipa come sarà costretta a muoversi la Procura veneziana nel solco della legge: «la seconda fase dell’inchiesta contempla l’applicazione della legge 231, che è una legge molto severa che processa le aziende. Quando un reato è commesso a vantaggio di una società si fanno due processi: uno nei confronti della persona fisica, l’altro nei confronti dell’azienda» che rischia «sanzioni pecuniarie pesantissime fino all’interdizione dell’attività».

Nordio: noi diversi da altre toghe, nessuna fuga di notizie

Il magistrato ne approfitta per tracciare un bilancio del lavoro svolto nell’ultimo anno spiegando qual’è stato lo scrupolo dei magistrati veneti che avevano in carico l’inchiesta: «Noi avevamo tre preoccupazioni. La prima era di dare attuazione simultanea a tutte le ordinanze anche per evitare lo stillicidio di inseguimenti; la seconda è che, quando si eseguono provvedimenti di questo genere a carico di persone “normali”, non di pregiudicati, c’è sempre il rischio che possano esserci conseguenze deplorevoli sul piano umano; la terza che si strumentalizzasse questa inchiesta a fini politici. Devo dire che tutte queste preoccupazioni sono stati smentite». Cosa rarissima in un’inchiesta della magistratura italiana. Ma tant’è.
«Sicuramente – continua il procuratore – di errori ne abbiamo commessi. Ma da destra a sinistra è stato riconosciuto che abbiamo fatto un lavoro serio ed equilibrato».
«Non voglio autocelebrarci, ma credo di poter dire che questa inchiesta sia stata un momento felice nella storia della magistratura italiana».
Nordio parla anche della decisione di chiedere gli arresti domiciliari per l’ex-sindaco di Venezia Giorgio Orsoni: «Se un rimprovero ci può essere fatto è quindi quello di essere stati troppo buoni», dice.
Infine, ribadisce il suo no ad un futuro in politica dalla quale ha avuto profferte e inviti: «Mai. Non ho mai voluto farla e non cambierò idea».

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