Spunta un altro pentito. Guarda caso parla contro Berlusconi…

11 Giu 2015 18:33 - di Redazione

Si chiama Gaetano Grado ed è il nuovo pentito nel processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia in corso di celebrazione davanti alla Corte di assise di Palermo. Proprio nuovo in realtà non sarebbe, visto che ricopre lo status di collaboratore di giustizia dal 1997 ma poiché – come tanti della sua categoria – parla “a rate”, eccolo tirare fuori a ben diciotto anni di distanza dall’inizio della collaborazione (la legge gli imporrebbe di vuotare il sacco entro sei mesi), il suo personalissimo capitolo di quella storia infinita che è, appunto, l’intreccio tra politica e cosche criminali in Sicilia.

È Gaetano Grado: ha cominciato a collaborare nel 1997

E che capitolo. Soldi, traffico di droga sulla rotta Palermo-Milano. Siamo negli anni ’70 e il protagonista – manco a dirlo – è Marcello Dell’Utri con sullo sfondo un Silvio Berlusconi non ancora tentato dall’avventura in politica ma già imprenditore emergente attivo soprattutto nel campo dell’edilizia. Anche il pm Nino Di Matteo vuole vederci chiaro, soprattutto vuole capire perché nella memoria di Grado riaffiorino solo oggi presunti fatti di quarant’anni fa. La risposta è standard, in tutto simile a quella di Gaspare Pisciotta al processo sul bandito Giuliano o di don Masino Buscetta davanti a Giovanni Falcone: «Non parlo di politica. Non è ancora il momento. Ci tengo a campare ancora qualche annetto». E quando il presidente della Corte gli ha fatto notare che negli anni ’70 Dell’Utri non aveva ancora esordito sulla scena politica, Grado se n’è uscito sostenendo che già in quel periodo il futuro senatore forzista aveva interesse per la politica.

Il pentito: «Mangano portava i soldi della droga a Dell’Utri»

Per il resto, sono storie già note e tutte legate a Vittorio Mangano, lo stalliere mafioso assunto ad Arcore dopo che Berlusconi ricevette minacce circa un possibile rapimento del figlio. In quell’epoca, a Milano, i sequestri di persona erano all’ordine del giorno. Nel racconto del pentito, Mangano era una sorta di spallone che trasportava i denari provenienti dal traffico di droga per farli reinvestire – via Dell’Utri – nell’attività edilizia di Berlusconi a Milano. All’uopo fu organizzato un pranzo con Dell’Utri in un ristorante milanese di via del Senato. «Fu mio fratello Antonino – è il racconto di Grado  – a dirmi di andare a Milano per incontrare Dell’Utri. Io non volevo perché non avevo simpatia per chi aveva legami con la politica, ma poi cedetti. A fine pranzo loro dovevano parlare di traffico e siccome io ero contrario alla droga mi allontanai». Un vero galantuomo.

 

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