Salvare l’eroe Marino… la mission impossibile di Concita su Repubblica

25 Giu 2015 15:04 - di Renato Berio

Ignazio Marino è accerchiato e questo lo sanno tutti. Perché lotta contro i corrotti? No, perché è inadeguato. Inadeguato come può esserlo un politico che per rilanciare la sua azione politica promette che farà sparire i camion bar dal Colosseo. Uno insomma che non ha il senso delle proporzioni. Ma neanche i disperati curatori della sua immagine (ormai assai logorata) sanno più che pesci prendere. Si attaccano così al tweet di Bill De Blasio, il sindaco di New York che ha scritto: “Appoggiamo chi è contro la corruzione”. Ecco: perdi un Renzi, acquisti un Bill De Blasio.

La prosa elegiaca di Concita De Gregorio a favore di Marino

Ma poi c’è l’affannato soccorso rosso delle redazioni. Oggi su Repubblica un articolo di Concita De Gregorio era tutta un’appassionata difesa del Marino eroico resistente, arroccato a protezione estrema della sua buona causa, una specie di Leonida indomito e battagliero. Perché lui è il “sindaco onesto”, così descritto in questi giorni di assedio, mentre medita sulle massime di Lao Tze. Ecco uno dei passaggi più ispirati dell’articolo: “Accarezza le costole di una pila di quaderni con la copertina rigida allineati in orizzontale nell’angolo più discreto del suo studio. Un arcobaleno di colori: quello giallo porta scritto a pennarello ‘sociale’, quello azzurro ‘urbanistica’. Sono decine, e questi sono solo quelli per temi. Poi ci sono quelli per data. Non esce mai senza il suo diario, quello attuale è nero con la costola rossa: lo tiene sulle ginocchia anche adesso. Scrive con penna verde un resoconto minuzioso di incontri e dialoghi, ora per ora, momento per momento. Nomi, circostanze, dettagli. Poi, la notte, trascrive nei quaderni a tema le varie sintesi. Sono – nella battaglia di Roma – le sue cinture di bombe a mano. Sorride, ammette che tutti intorno a lui ne hanno paura…“. Ogni aggettivo è pesato per far apparire il povero Marino come una specie di Giulio Cesare alle prese col De Bello Gallico, come un rinato Hemingway con il suo moleskine, come un ardimentoso Julian Assange (quello di Wikileaks) alle prese con i poteri forti capitolini.

Ma già nell’ottobre del 2014 i romani non volevano più

Lo zelo difensivo di Concita De Gregorio, però, si scontra con la realtà: già nell’ottobre del 2014 un sondaggio amico, commissionato dal Pd, aveva evidenziato che Marino non godeva più della fiducia dell’80% dei romani. Mafia Capitale sarebbe arrivata solo due mesi più tardi. E già all’epoca Renzi bisbigliava ai suoi: “Se io avessi ridotto Firenze così mi avrebbero cacciato a calci nel sedere…”. E già allora il Pd escludeva di ricandidare Marino a sindaco di Roma. Perciò il primo cittadino se ne faccia una ragione: non lo attaccano perché combatte la mafia, ma perché è incapace e le sue bizze, le sue impuntature, il suo battere i piedi non lo rendono ardito e fiero come il Giovanni Drogo del Deserto dei tartari ma patetico come un miracolato Travèt.

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