Ragazzo arabo arso vivo: inizia il processo ai tre giovani israeliani

3 Giu 2015 18:46 - di Redazione

A quasi un anno dal delitto, tre israeliani accusati di aver bruciato vivo l’adolescente palestinese Mohammed Abu Khdeir sono comparsi oggi nel tribunale distrettuale di Gerusalemme. Di fronte ad un pubblico inorridito per la dettagliata ricostruzione della catena di eventi, il principale imputato – Yossef Haim Ben David, 30 anni, un ebreo ortodosso – ha ostentato un distacco totale dalla realta’, mentre un suo compagno, minorenne, studente in un collegio rabbinico, si e’ detto ”sbgottito” di aver preso parte ad un episodio talmente ”orrendo”. Avvenne, ha spiegato, per l’orrore suscitato dal ritrovamento – il giorno precedente, in Cisgiordania – dei cadaveri martoriati di tre ragazzi ebrei rapiti da una cellula locale legata a Hamas. Proprio oggi, secondo il calendario ebraico, si ricorda il primo anniversario del rapimento e della loro uccisione. Una cerimonia commemorativa e’ avvenuta nel cimitero dove Ghilad Shaer, Naftali Frenkel ed Eyal Ifrach ora riposano.

Arso vivo

L’avvocato della pubblica accusa, Uri Korb, ha indicato in Ben David il responsabile principale dell’atroce uccisione di Abu Khdeir, 16 anni, il cui padre era in aula. All’epoca Ben David gestiva un negozio di ottica, ed aveva forte ascendente sui due ragazzi imputati assieme a lui. Ma oggi Ben David sembrava ‘spento’: alle osservazioni del giudice ha risposto a monosillabi, affermando di ”non sapere” perche’ fosse al banco degli imputati. Korb ha replicato che le testimonianze raccolte indicano che il giorno del delitto (2 luglio 2014) Ben David era responsabile delle proprie azioni e che il suo attuale disorientamento non e’ stato corroborato da documenti medici. In seguito uno dei due minorenni imputati con lui ha ammesso che l’attacco ad Abu Khdeir era stato preceduto da altri due tentativi di rapimento di ragazzi palestinesi, falliti entrambi. Pensava, ha aggiunto, che Ben David volesse solo compiere azioni punitive, ”non aveva idea” che meditasse una uccisione. Abu Khdeir – ha precisato – fu isolato per strada; percosso alla testa; trasportato in automobile in una foresta; di nuovo colpito alla testa; infine cosparso di benzina. ”All’improvviso ci fu una gran fiammata” ha detto al giudice, mentre il padre della vittima, Hussein Abu Khdeir, tratteneva a stento lo strazio. ”Mi sono sentito bruciare a mia volta” ha poi detto alla stampa.

 

 

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