Immigrazione, Cameron pronto a bloccare i barconi ma la Ue tentenna
“Abbiamo bisogno di un approccio globale per lavorare con i vostri servizi di intelligence in Sicilia dove noi metteremo gente e risorse per provare a interrompere i collegamenti” dell’immigrazione dal nord Africa. Lo ha detto il premier britannico David Cameron al termine dell’incontro bilaterale con Matteo Renzi ad Expo. Parole chiare, quelle del premier inglese. Parole che mettono a nudo i limiti delle politiche europee in materia di immigrazione. Certo, la disponibilità di Cameron a collaborare con i servizi di intelligence per bloccare i barconi dei poveri disperati che fuggono dall’Africa è apprezzabile. Quel che manca, però, è una politica europea a tutto tondo sul problema. Un progetto articolato che affronti la questione nei suoi vari aspetti. La Francia che chiude le frontiere per impedire l’accesso ai profughi che si accalcano sugli scogli di Ventimiglia oppure l‘Ungheria che alza muri per impedire l’invasione dei migranti impongono riflessioni più profonde e richiedono politiche di concertazioni in ambito Ue meno egoistiche e più efficaci.
David Cameron e i nodi della mancata integrazione europea
I nodi della mancata integrazione politica europea stanno ormai venendo al pettine non solo nella gestione della Grande crisi economico-finanziaria ma anche, e soprattutto, in questa evidente incapacità di gestire la nuova geopolitica che emerge dalle migrazioni di massa dall’Africa e dalla minaccia terroristica del fondamentalismo islamico. Questioni, entrambe, correlate. In più c’è un Paese, il nostro, che sta mostrando limiti paurosi nel governare l’emergenza immigrazione. L’estemporaneità inconcludente di affidare ai prefetti e alle regioni il compito di accogliere quote di immigrati ospitandoli in edifici pubblici, gli scandali degli affari finanziari nati all’ombra di una solidarietà pelosa e ingannevole nel fornire aiuto, la difficoltà di controllare anche sotto il profilo sanitario una enorme massa di uomini, donne e bambini proveniente da paesi dove la tubercolosi miete ancora migliaia di vittime al giorno (per non parlare di malattie non meno gravi e devastanti), oltre ad una pervicace propensione a ripetere gli errori, hanno fatto dell’Italia il paese del Mediterraneo e non solo più esposto all’invasione, il meno capace nel difendere i propri interessi nazionali e il più pronto a piegare la testa di fronte ai partner europei. Quanto ancora dovremo subire , per sperare che qualcosa cambi nella mente di chi governa?