150 anni fa si arrese l’ultimo generale sudista: era un indiano Cherokee
Molti appassionati di storia sanno che il generale Robert Edward Lee si arrese, a nome della Confederazione, il 9 aprile 1865 al generale Ulysses Grant, unionista, ad Appomattox in Virginia. E quella fu ufficialmente la fine della sanguinosa ed epica guerra civile americana. Ma fuori dagli Stati Uniti pochissimi sanno che la guerra continuò ancora per parecchie settimane: sia perché, a causa della vastità dei territori e dell’inefficacia dei mezzi di comunicazione, la notizia della resa non giunse a tutte le truppe immediatamente, sia perché, soprattutto, molto ufficiali sudisti non avevano voglia di mollare. L’ultimo generale ad arrendersi lo fece il 25 giugno (il 23 secondo alcune fonti) 1865, ed era il brigadiere generale Stand Watie. Ma la cosa che rende il fatto degno di essere ricordato è che questo generale confederato era un indiano, un capo Cherokee. I rapporti infatti tra gli indiani e i confederati furono infatti sempre ottimi, mentre non lo erano con i nordisti, con i quali combatterono durante tutta la guerra di secessione e anche dopo. Sappiamo tutti come finì: con un genocidio tra i più grandi della storia dell’umanità, compiuto proprio da coloro che avevano dichiarato di battersi contro lo schiavismo. E proprio nei giorni in cui c’è una violenta campagna strumentale ed emotiva contro la gloriosa bandiera confederata, che si vorrebbe addirittura messa fuorilegge, la storia del Cherokee Stand Watie, membro di una minoranza che sotto quella bandiera era rispettata, merita di essere ricordata.
I Cherokee formarono il primo reggimento indiano della Confederazione
De-Ga-Ta-Ga, questo il nome indiano, che vuol dire “che sta in piedi” era nato in Georgia, vicino a un posto che si chiama Rome. Dopo aver studiato in una missione, lavorò come impiegato e successivamente speaker del “parlamento” della nazione Cherokee. Nel 1845 divenne il capo di una fazione Cherokee, nonché capo dei Cavalieri del Circolo d’Oro, gruppo che si opponeva all’abolizionismo. Quando iniziò la Civil War, Watie aderì alla Confederazione venendo nominato colonnello nel luglio 1861. Arruolò in giubba grigia un reggimento di Cherokee (il First Cherokee regiment). Nell’agosto dell’anno successivo divenne il capo di tutti i Cherokee confederati. Watie e il suo reggimento si coprirono di gloria nelle circa venti battaglie e innumerevoli scaramucce alle quali parteciparono, salvando diverse volte il Sud dalla sconfitta, soprattutto nei Territori indiani, e sconfissero le giacche blu in diverse circostanze. Stand Watie divenne un eroe di guerra: nominato brigadiere generale, che corrisponde al nostro grado di generale di brigata, catturò una nave unionista e rifornimenti per milioni di dollari. Fu l’indiano arrivato al grado più alto in un esercito americano. Nel 1864 divenne capo della Prima Brigata indiana. Nel giugno 1865, vista l’inutilità di continuare la resistenza, Stand Watie consegnò il suo battaglione indiano composto da Cherokee, Osage, Seminole e Creek, al tenente colonnello Asa C. Matthews a Doaksville, in Oklahoma. Dopo la guerra, Watie tornò a casa sua sull’Honey creek per trovarla rasa al suolo dai federali. Come molti proprietari terrieri, nel dopoguerra Watie divenne povero e sopravvisse occupandosi dei diritti degli indiani e contribuendo alla trasmissione delle leggende Cherokee. Subì anche la prematura perdita di tre figli. Povero e amareggiato, morì nel settembre del 1871. Riposa al cimitero di Polson, in Oklahoma. A lui sono state dedicate canzoni, francobolli, statue, film, e la sua memoria è ancora vivissima soprattutto negli Stati del Sud degli Usa.