Almirante e Romualdi, l’addio 27 anni fa. Lottarono in piazza e in Parlamento

22 Mag 2015 19:24 - di Antonio Pannullo
Almirante e Romualdi accorsi dopo la strage di Acca Larenzia

27 anni or sono, il 21 e 22 maggio 1988, la destra italiana subiva un durissimo uno-due dal quale fu molto difficile riprendersi: la scomparsa, a un giorno di distanza l’uno dall’altro, di due personaggi come Pino Romualdi e Giorgio Almirante, entrambi fondatori del Movimento Sociale Italiano. Entrambi fascisti, entrambi aderenti alla Repubblica Sociale Italiana, entrambi giornalisti e scrittori (ed entrambi direttori – in tempi diversi – del Secolo d’Italia!), entrambi in clandestinità nell’immediato dopoguerra (Romualdi anche in carcere per otto mesi), entrambi creatori di quell’avventura italiana importantissima per la nazione che fu la fiamma tricolore del Msi. Quasi coetanei, Romualdi era del 1913, Almirante del 1914, i due uomini condivisero moltissime esperienze, compresa quella, nell’autunno del 1946, della fondazione dei Fasci di Azione Rivoluzionaria (Far) insieme con Clemente Graziani, Cesco Giulio Baghino, Franco Petronio e Roberto Mieville. I Far, che compirono una serie di azioni dimostrative sia a Roma sia a Milano, furono poi sciolti nel 1947, ma intanto era nato il Msi, nel dicembre 1946, del quale Almirante fu il primo segretario. Dopo la segreteria di Augusto De Marsanich, Almirante tornò alla guida del partito, che condusse per lunghi e terribili anni, quelli di piombo e di fuoco, sempre con mano sicura ma col cuore in subbuglio, devastato e squassato dalle atrocità che venivano commesse dal cosiddetto arco costituzionale, da certa magistratura, dalle sinistre estreme contro i militanti del Msi, piangendo ogni volta con calde lacrime la scomparsa di quei ragazzi che lui chiamò “i nostri martiri”. Dentro e fuori dal parlamento, Almirante si batté sempre per i diritti della gente del Msi, partecipò alle loro battaglie, li difese in ogni maniera, fu sempre la coscienza presente e implacabile di un regime che voleva estromettere a tutti i costi tre milioni di italiani che non ci stavano, che non volevano adattarsi al consociativismo e alla falsa democrazia imposta dagli antifascisti, che prevedeva la soppressione anche fisica di tutti coloro che non si adeguavano ai desiderata del sistema. E quanto profetico fu Almirante: denunciò il malaffare la corruzione di un regime che poi naufragò sotto i colpi di Tangentopoli; denunciò i rischi di un’immigrazione incontrollata, denunciò la repressione dei ragazzi del Msi e della violenza delle estreme sinistre, che ancora oggi assaltano e contestano in piazza chi osi avere idee diverse da quelle dei centri sociali. La sua perdita è stata la perdita di tutta una nazione, come scrivemmo sul Secolo dandone l’annuncio della morte.

Almirante e Romualdi furono autori di importanti libri di memorie

Di Pino Romualdi proponiamo le parole, scritte sul Secolo d’Italia nel 2013, di Massimiliano Mazzanti: «Gli uomini – diceva sempre lui, quando era chiamato a omaggiare un amico passato nella schiera dei più – non si commemorano, si ricordano. E ricordare Pino Romualdi – vicesegretario del Pfr e fondatore del Movimento sociale italiano – nel 100° anniversario della nascita, in un momento d’indubbia difficoltà della Destra politica italiana, può e deve essere il monito a non abbandonarsi alla rassegnazione. Nato a Dovia di Predappio il 25 luglio del 1913, Romualdi, come tanti giovani della sua generazione, ebbe il destino segnato dalla storia, dalla contemporaneità dei grandi eventi della storia italiana, dal Fascismo, dalla gigantesca figura di Benito Mussolini. Una vita, quindi, votata alla costruzione di una Patria rinnovata, dall’impegno politico e intellettuale intenso, dalla volontaristica concezione dell’esistenza e dai sacrifici bellici. Incaricato di pensare il futuro di chi, nella temperie della Repubblica sociale, sarebbe uscito inevitabilmente sconfitto dalla guerra, Romualdi compì il suo primo capolavoro politico strappando a Palmiro Togliatti l’amnistia per i fascisti in galera, prima; poi, riunendo queste provate forze sopravvissute al conflitto in un partito destinato a svolgere ancora un ruolo nella lotta politica, il Msi. Arrestato nel 1948 e detenuto fino al 1951, rientrò a pieno ritmo nell’agone, instradando le migliori e più giovani energie del Movimento lungo la strada che, tra mille difficoltà e ritrosie anche tra i camerati e gli amici, avrebbe dovuto trasformare il Msi in un moderno partito di destra, schierato saldamente nel fronte internazionale anticomunista e in perenne competizione con la Democrazia cristiana per la rappresentanza degli interessi e delle aspirazioni delle classi produttrici della borghesia e del lavoro italiani. Punto di riferimento per tutti, anche per lo stesso Giorgio Almirante, nei momenti di crisi – a partire da quella gravissima determinata dalla scissione di Democrazia nazionale – impose alla Fiamma di non scivolare mai nel nostalgismo, nel facile e sicuro rifugio delle rimembranze; per Romualdi la strada maestra era e doveva restare sempre l’accettazione delle sfide della contemporaneità, la capacità di vivere pienamente il proprio tempo».

A noi oggi restano anche – oltre gli interventi parlamentari – i numerosi libri che Almirante e Romualdi hanno lasciato: il primo scrisse, per replicare ad ingiuste e false accuse da parte delle sinistre, Autobiografia di un fucilatore, oltre a diverse opere su personaggi del pantheon della destra europea: Borsani, Brasillach, Primo de Rivera e un’altre ventina di lavori di natura politica e di memorialistica; Romualdi scrisse – in latitanza – il libro di memorie Fascismo Repubblicano e la raccolta Caro lettore. I funerali dei due grandi padri del Msi si svolsero a piazza Navona, alla presenza di decine dei migliaia di missini straziati convenuti da tutta Italia per rendere l’ultimo omaggio a due grandi interpreti dell’autentico sentimento popolare e nazionale. La commossa orazione funebre su pronunciata dall’allora segretario del Msi Gianfranco Fini alla presenza di tutta la classe dirigente del partito. Da allora la destra italiana prese una strada diversa, andò al governo, fu protagonista. Adesso la memoria di Giorgio Almirante e Pino Romualdi, e di tutto il Msi, è custodita gelosamente dalla Fondazione di Alleanza Nazionale, che ne rievoca la memoria con pubblicazioni e iniziative culturali. Ma oggi, nel momento della difficoltà e della transizione, l’Italia avrebbe davvero bisogno di uomini come loro e del loro insegnamento. E non è retorica.

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