Pakistan, i complici dei killer di Malala condannati all’ergastolo

30 Apr 2015 18:13 - di Redazione

Il brutale tentativo di assassinare Malala Yousafzai, la ragazza pachistana impegnata fin da giovanissima nella battaglia per i diritti delle donne nel mondo islamico, è stato rievocato nelle udienze di un tribunale antiterrorismo che ha condannato all’ergastolo dieci militanti, complici dei veri killer ancora latitanti.

Malala Ferita alla testa nel 2012

I giudici hanno inflitto agli imputati, originari del Malakand e arrestati nel settembre dello scorso anno grazie anche ad un delicato lavoro di intelligence, la pena massima di 25 anni, che per il diritto penale del Pakistan equivale praticamente ad un ergastolo. La giovane, che all’epoca aveva 14 anni e che nel 2014 ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace, fu gravemente ferita alla testa il 19 ottobre 2012 mentre su un piccolo autobus ritornava a casa da scuola a Mingora, nella Valle dello Swat. L’attentato fu rivendicato dai militanti del Tehreek-e-Taliban Pakistan (TTP) ed insieme a lei furono ferite, anche se assai meno gravemente, due altre giovani studentesse, Kainat Riaz e Shazia Ramzan. Trasportata in aereo in Gran Bretagna, Malala fu sottoposta a ripetuti delicati interventi chirurgici dopo i quali ha ritrovato quasi completamente il suo originario stato fisico.

Oggi vive a Birmingham, i killer ancora in libertà

Oggi, a 17 anni, studia e scrive a Birmingham, dove vive con la sua famiglia. Dal dibattito è emerso che purtroppo sono ancora alla macchia non solo il comandante supremo del movimento Tehrek-e-Taliban Pakistan (PTT) Maulana Fazlullah, che diede l’ordine di eliminare la giovane, ma anche i killer materiali che salirono sul minibus e spararono dopo aver chiesto: “Chi è Malala?”, per poi darsi alla fuga.

Un blog sulle donne la causa dell’attentato

Appena 13enne cominciò ad animare un blog anonimo sulla pagina internet della Bbc in cui descriveva, e criticava, la vita delle donne sotto il regime dei talebani che avevano il controllo della Valle dello Swat. Fu probabilmente questa attività che la rese un obiettivo prioritario per gli insorti pachistani. Salvatasi miracolosamente da colpi di pistola sparatigli da breve distanza al volto, è diventata a poco a poco un punto di riferimento ideale per quanti credono nell’importanza dell’istruzione per le bambine e di maggiori diritti per le donne nella difficile realtà islamica. Pochi mesi dopo l’attentato, Malala prese la parola nel luglio 2013 per il suo 16esimo compleanno all’Assemblea generale dell’Onu, ribadendo il suo impegno per far sì che tutti i bambini, e soprattutto le bambine, vadano a scuola.

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