L’inchiesta sugli scafisti: uccisero un giovane in piedi senza permesso
Sul naufragio del peschereccio stracolmo di migranti a largo delle coste libiche continuano ad emergere particolari terrificanti che arrivano ad aggravare ulteriormente – se possibile – il quadro della ricostruzione. Di più: dall’inchiesta della Procura di Catania intestata all’evento drammatico dei giorni scorsi, trapelano atti definiti dagli inquirenti di «inumana violenza».
Naufragio, cronaca dell’orrore
Tra i vari ricostruiti dalle indagini della Procura di Catania, che investiga con la polizia di Stato, si apprende – e spicca per orrore– il caso di un ragazzo ucciso su un gommone mentre raggiungeva, insieme ad altri, il peschereccio poi affondato, freddato perché si era alzato senza permesso. Il suo cadavere sarebbe stato poi buttato in mare. Non solo: in base a quanto fin qui ricostruito da una cronaca dell’orrore senza fine, cominciata per alcuni addirittura prima di arrivare ad imbarcarsi, diversi migranti stipati in una fattoria in attesa di prendere il largo sull’imbarcazione che ha poi fatto naufragio sarebbero stati «picchiati selvaggiamente con dei bastoni» perché «non obbedivano agli ordini» dei trafficanti. «Le bastonature avrebbero provocato alcuni decessi», altri ancora, invece, sarebbero morti di stenti».
L’inchiesta sul naufragio: il punto
Orrore e ricostruzione dell’orrore: il punto dell’inchiesta conferma le prime indiscrezioni e supposizioni sul terribile naufragio dei migranti. «Dal complesso delle dichiarazioni può affermarsi ragionevolmente che sul peschereccio naufragato al largo della Libia vi fossero oltre 750 persone», si legge infatti nella valutazione della Procura di Catania agli atti dell’inchiesta, dalla quale emerge anche la «presenza poco prima della partenza di “personale libico” – indicato come “poliziotti” – che avrebbe ricevuto dei soldi. Ecco i passi dell’indagine in corso.
1) Le cause della tragedia: sarebbero da individuare in «errate manovre del comandante del peschereccio e al sovraffollamento dell’imbarcazione, caricata fino all’inverosimile». Questa la dinamica dell’accaduto secondo «concordanti dichiarazioni dei sopravvissuti» agli atti dell’inchiesta aperta dalla Procura di Catania, che sono stati sentiti da guardia costiera, polizia di stato, Sco di Roma e squadra mobile etnea.
2) Le testimonianze. «Il riconoscimento di entrambi gli indagati – i due scafisti del naufragio al largo della Libia – è effettuato dalla maggior parte dei testi e quasi tutti riferiscono che il «comandante» era anche il conducente». Del secondo in particolare, un siriano che mercoledì ha accusato l’indagato tunisino, «molti dicono che faceva eseguire gli ordini del comandante, che faceva uso di un telefono satellitare per mantenere i rapporti con l’organizzazione libica, almeno in un paio di circostanze». Sul capovolgimento del peschereccio libico, inoltre, «molti riferiscono di tre urti causati dalle manovre del comandante tunisino, che avrebbero provocato forti oscillazioni».
3) Il numero dei migranti. Quelli in partenza, ricostruisce la Procura di Catania, «furono inizialmente concentrati in una fattoria nei pressi di Tripoli». Secondo una prima stima erano complessivamente tra i mille e i milleduecento. Sono stati poi portati con furgoni fino alla costa e qui trasbordati a mezzo di un gommone di grosse dimensioni sul peschereccio.
4) Le somme versate per la traversata. I migranti provenivano da diversi Paesi e hanno pagato somme molto diverse per il viaggio, che prevedeva l’Italia come destinazione del percorso per mare. Le quote pagate sono in alcuni casi molto basse (tra i mille ed i 1500 dinari libici), ma raggiungono anche i 7.000 dollari. Non sono chiare le ragioni di differenze così rilevanti.
5) Analisi del relitto. La Marina Militare effettuerà al più presto una ricognizione del relitto per trarne una documentazione fotografica e video, al fine di consentire di raccogliere elementi di prova e di valutare la necessità e la fattibilità di eventuali ulteriori operazioni.
6) Le dichiarazioni di Alfano: a margine di una riunione del Ppe a Milano, il titolare del Viminale dopo aver ribadito come l’Italia abbia «fin qui pagato da sola il conto, prima dell’azione internazionale in Libia, e poi dell’inerzia che ne è seguita: le nostre strutture stanno però reggendo a siamo pronti a reggere questo urto», ha anche aggiunto che «come Italia e come Popolari europei faremo una proposta per rafforzare l’operazione Triton in mare, estendendo il raggio di azione, e per agire direttamente sull’altra sponda del Mediterraneo. E in secondo luogo, per intercettare e affondare i barconi prima che si mettano in mare». Non solo: Alfano ha anche aggiunto che la terza richiesta alla Ue sarà quella mirata ad «organizzare meccanismi di solidarietà per una equa ripartizione dei profughi in tutta Europa».