Marò, dopo tre anni di incubo ora l’Italia fa la voce grossa (si fa per dire)

25 Mar 2015 21:38 - di Redazione
Manifestazione di Casapound per i marò

L’Italia fa la voce grossa – si fa per dire – sulla lunga e complicata vicenda che vede coinvolti i due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone: o ci sarà una soluzione oppure è a rischio la nostra partecipazione alla missione antipirateria dell’Ue. Una posizione, netta ma tardiva, che arriva proprio nel giorno in cui l’India fa sapere che una squadra di legali sta studiando la proposta inviata dall’Italia per una soluzione consensuale del caso. Il tutto mentre fra meno di 20 giorni scade la licenza concessa a Latorre per sottoporsi a terapie riabilitative dopo l’ictus che lo ha colpito a Nuova Delhi il 31 agosto 2014. L’eventuale uscita dall’Italia dall’operazione militare Atalanta è inserita in un emendamento al decreto legge sul terrorismo approvato nelle ultime ore in commissione alla Camera e ora all’esame dell’aula che prevede anche che i militari italiani non potranno più difendere navi private che navigano nei mari a rischio di pirateria. Intanto a Nuova Delhi, rispondendo ad una domanda dell’Ansa il direttore generale del ministero degli Esteri, Navtej Singh Sarna, ha confermato senza esitazione che «una proposta italiana c’è e che è attualmente allo studio dei nostri esperti legali» senza fornire ulteriori dettagli sui contenuti. Dell’invio di una proposta di Roma al premier indiano Narendra Modi si era saputo peraltro già lo scorso dicembre per ammissione dello stesso ministro degli Esteri Sushma Swaraj.

I legali del marò Latorre chiederanno una proroga per il rientro

A quanto si apprende, quale che sia la soluzione che sarà eventualmente trovata per uscire dal vicolo cieco in cui sono rimasti intrappolati i due Fucilieri di Marina, il governo indiano vuole che sia accettata anche dalla Corte suprema innanzi alla quale Latorre e Girone si trovano dal 18 gennaio 2013. Presto il massimo tribunale indiano dovrà riprendere l’esame di un articolato ricorso italiano in cui si chiede fra l’altro che, dopo l’eliminazione da parte della Corte stessa della legge sulla repressione del terrorismo in mare (Sua Act), dal processo venga esclusa anche la polizia investigativa Nia che per statuto può operare solo in base a leggi antiterrorismo. Il 10 marzo scorso la cancelleria della Corte ha disposto la calendarizzazione in aula del ricorso, che però a oggi non è ancora avvenuta. Nell’attesa che questo accada è presumibile che i legali di Latorre chiedano una nuova proroga del suo soggiorno in Italia, soprattutto qualora i medici che lo stanno curando stabilissero che il recupero non è definitivo. E questo potrebbe trasformarsi nella cartina di tornasole della buona volontà dell’India di attendere che i tempi siano maturi per concordare una ipotesi di soluzione del caso in cui nessuna delle parti senta di essersi allontanata troppo dai suoi principi.

Commenti