Ecco cos’è Sovranità, il nuovo movimento che si è unito a Salvini

2 Mar 2015 13:46 - di Redattore 89
sovranità

In piazza sono entrati per ultimi. Non era voluto, ma il risultato è stato un ingresso di forte impatto scenografico: un corteo di oltre cinquemila persone, fitto di bandiere, sceso dalla collina del Pincio e apparso alle spalle del palco di Matteo Salvini, proprio un attimo prima che iniziassero gli interventi. Così Sovranità ha avuto quello che uno dei suoi promotori, Alberto Arrighi, definisce «il suo battesimo di piazza».

Un movimento «da tenere d’occhio»

Un battesimo che non è passato inosservato, tanto che alcuni analisti hanno parlato del movimento come di una sigla da tenere d’occhio. Il mandato che Sovranità si è data, del resto, è ambizioso: «Introduce un nuovo modo di leggere gli schieramenti politici: non più destra e sinistra, ma sovranisti e mondialisti», spiega Arrighi, aggiungendo che solo «dei commentatori prezzolati possono parlare della necessità di rivolgersi ai moderati, altrimenti si finisce con gli estremisti». Eppure, il movimento ha una sua identità molto definita, nella quale larga parte ha CasaPound Italia, che ne è stata tra i fondatori e che, non a caso, ha costituito la massa d’impatto dei cinquemila e più di piazza del Popolo.

Il rapporto con CasaPound Italia

«Sovranità è il proseguimento, l’allargamento di un percorso che CasaPound sta compiendo, che altri soggetti condividono e che vede al centro, come dice il nome, il concetto di sovranità, a partire da quella nazionale e monetaria». Da qui anche “l’innamoramento” per Salvini, riconosciuto oggi «come leader naturale» di un percorso politico che si declina sui temi dell’euro, dell’immigrazione, delle politiche per il territorio, della visione nazionale. Quando questa propensione, per qualche motivo, dovesse venire meno, verrebbero meno anche le ragioni dello “stare insieme” in piazza e altrove.

Quali alleanze?

«Sovranità non ha nulla a che fare con la spartizioni di spazi di potere», chiarisce Arrighi, rispondendo sul rischio che il movimento possa diventare il trampolino per il carro del possibile vincitore. «Poi gli spazi di potere servono anche a costruire politica e non dirlo sarebbe ipocrita, ma questo è un altro ragionamento», prosegue Arrighi, che esclude la possibilità di «una ricomposizione della destra come era stata pensata negli ultimi vent’anni, dalla nascita di An in poi». «Quello che allora unì oggi è molto inferiore a quello che può dividere», prosegue l’ex esponente di An, sottolineando, per esempio, che «io non ho nulla a che spartire con chi vuole stare all’interno della Nato, dell’Ue, che vuole privilegiare i rapporti con gli Usa rispetto a quelli con la Russia di Putin». E il fatto che il palco di piazza del Popolo è stato condiviso con Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia? «In un grande movimento – conclude Arrighi – c’è spazio per tutti, dipende poi se si riesce a stare sul punto politico».

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