D’Alema canta vittoria: Mattarella al Colle era il nostro nome
Ognuno se la legge a modo proprio. Per Massimo D’Alema l’elezione di Mattarella al Colle è, neanche a dirlo, una vittoria della minoranza del Pd e rappresenta un metodo di sicuro successo anche per l’agenda di governo. Intervistato da il Messaggero, l’ex premier rivela: “Il nome per il Colle lo abbiamo indicato noi della minoranza dem. Marginali? Abbiamo avuto un’influenza determinante nell’elezione del capo dello Stato, al di là delle ricostruzioni ossequienti verso Renzi. La descrizione tragica della fine della sinistra è una ricostruzione letteraria. Direi cattiva letteratura”.
D’Alema: Renzi sconfitto?
Ecco in sintesi la ricostruzione del leader massimo Massimo D’Alema: “Ci siamo riuniti, abbiamo discusso e alla fine Bersani ha detto a Renzi di essere disponibile a votare Amato o Mattarella. Renzi, dopo aver tentato di puntare su altre soluzioni, su persone a lui più vicine e dunque più condizionabili, ha ritenuto saggiamente che il suo tentativo potesse risultare troppo rischioso e ha pensato che fosse meglio proporre una soluzione che garantisse il sostegno convinto di tutto il partito”.
Italicum addio
“Renzi dica pure che l’Italicum non si tocca, noi continueremo a batterci nel merito. È una riforma dubbia sotto il profilo costituzionale : il combinato disposto di un Senato nominato dai Consigli regionali e dunque dai partiti, e di una Camera la cui maggioranza degli eletti è nominata sempre dai partiti, è una soluzione che espropria i cittadini esattamente come il Porcellum“. D’Alema versione costituzionalista non perde occasione per punzecchiare il giovane e inesperto premier: “Insieme a Matteo l’avevamo combattuto. Ora lui sembra essersene dimenticato, non rispettando l’impegno preso con gli elettori”. Sulla morte dello scellerato Patto del Nazareno, poi, avverte: “Si parta dal Pd unito e non si arruolino Scilipoti di turno. Il governo del Paese non può puntare a sostituire il Patto del Nazareno con il trasformismo parlamentare. Spero che Renzi si renda conto che l’idea di comandare senza considerare il dibattito democratico è rischiosa”.