Carcere a vita al veterano che uccise Kyle, il leggendario American Sniper

25 Feb 2015 14:23 - di Paolo Lami

Morirà dietro alle sbarre. Questo è una certezza. E’ stato condannato all’ergastolo Eddie Ray Routh, l’ex-marine di 27 anni accusato dell’uccisione dello “American Sniper“, al secolo Chris Kyle, il cecchino americano dei Navy Seal la cui autobiografia ha ispirato l’omonimo film “American Sniper” campione di incassi diretto da Clint Eastwood. La giuria al processo, nella cittadina texana di Stephenville, ha respinto la teoria della difesa, secondo cui quel giorno, il 2 febbraio 2013, Routh sparò in un poligono di tiro contro Kyle e il suo amico Chad Littlefield, uccidendo entrambi sul colpo, perché affetto da problemi di mente. Una teoria supportata dal banco dei testimoni anche dal un medico, Mitchell Dunn, secondo il quale quando sparò a Kyle e Littlefield, Routh non agì sotto effetto di stupefacenti, ma piuttosto perché aveva problemi mentali. Routh ha sofferto di disturbi da stress post traumatico in seguito alle missioni di guerra in Iraq, e anche ad Haiti dopo il devastante terremoto, che ha compiuto quando era sotto le armi.

L’American Sniper assassinato dal commilitone al poligono

L’accusa ha invece mostrato che Routh faceva uso di stupefacenti e beveva alcool in quantita’ considerevole, ma sapeva ciò che faceva. Fu proprio Kyle e portarlo al poligono il 2 febbraio 2013, quando era impegnato in attità di volontariato per aiutare i veterani a riprendersi dalle “ferite mentali” causate dalla brutalità dei combattimenti ai quali erano sottoposti.
Durante le sue quattro missioni in Iraq, Kyle, divenuto noto con il soprannome “La leggenda“, ha ucciso almeno 162 persone, al punto da guadagnarsi l’appellativo di cecchino più micidiale nella storia dell’esercito americano. Kyle lasciò poi i Navy Seal nel 2009, all’età di 38 anni, e lui stesso ebbe problemi di riadattamento alla vita normale.
In seguito all’uscita del film American Sniper campione di incassi, il processo ha attirato l’attenzione dei media nazionali molto di più di quanto la difesa avrebbe voluto. Specie quando l’accusa ha chiamato la vedova Kyle a deporre, che, commossa, ha raccontato gli ultimi minuti trascorsi con il marito, quando quel giorno lo abbracciò e baciò, prima che uscisse di casa per andare al poligono con Routh. L’accusa ha deciso di non chiedere la pena di morte, ma la decisione della giuria si è automaticamente tramutata in carcere a vita per l’imputato, senza di diritto di chiedere la libertà condizionata. Siamo in America, non in Italia, e Routh morirà dietro le sbarre.

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