Buttafuoco contro l’accordo Mondadori-Rizzoli: «È la morte delle piccole librerie»
«Altro che partito della Nazione. Era l’Editore della Nazione il vero motivo del patto del Nazareno rivelatosi poi un pacco, un pacco di libri». È questo il polemico incipit con cui Pietrangelo Buttafuoco, intellettuale tra i più celebrati a destra, dice al sua al Fatto quotidiano sulla ventilata fusione del gruppo Mondadori (di proprietà di Marina Berlusconi) con la Rcs-Rizzoli. Buttafuoco è contrario al “matrimonio” e, «da libraio», è uno dei 48 sottoscrittori di un appello promosso da Umberto Eco e che, tra le altre, reca le firme sinistrorse di Lidia Ravera, Furio Colombo, Enrico Ghezzi e Carmen Moravia.
«Librerie ormai simili a cabine telefoniche: nessuno ci va»
Per Buttafuoco, l’accordo «è un già visto». «E sarà – aggiunge – un uniformare al ribasso: come è già stato fatto con la tivù, dove i berlusconiani non sono riusciti a impossessarsi della Rai ma l’hanno amalgamata nell’indistinto commerciale. Niente Kessler, piuttosto i Pacchi. C’è da fare la libreria dalle macerie di un sempre più devastante analfabetismo di ritorno; non esiste più un vero pubblico di lettori e nell’Italia dove, con il mercato editoriale allo stremo, muoiono anche i teatri, i cinema e perfino i musei – resi deserti dagli italiani che non sanno fare la “o” col bicchiere, figurarsi godere del proprio patrimonio artistico – mettere insieme i due gruppi altro risultato non avrà che standardizzare il prodotto, farne un commercio in calo di qualità con l’illusione dei piccioli facili: quelli dei non lettori. Certo, le librerie, ormai, sono come le cabine telefoniche – ce n’è qualcuna, nessuno ci va, tutti hanno il telefonino – e i non lettori sono tanti, tantissimi, pronti a far man bassa delle Cinquanta sfumature, siano esse grigie o a luci rosse, ma questi stessi sono velocissimi a sparire nel grafico delle entrate e inutili poi nel generare una consuetudine, un’educazione, insomma: una civiltà. Quella del libro. Un oggetto che, certo, comunica. Solo che a differenza del telefonino, nel comunicare, il libro forma».
Buttafuoco: Renzi offra incentivi fiscali a chi fa cultura
E ancora, in un crescendo che non risparmia nessuno: «Le librerie chiudono. La vera Pompei d’Italia è questa. E le librerie non sono negozi come gli altri. Magari in Mondadori lo hanno dimenticato da subito. I Meridiani, infatti, orgoglio di un catalogo storico, finirono nelle edicole. Con carta pessima e stampa al livello di copisteria. Le banche, poi, prime a strozzare i librai, non hanno mai saputo cosa sono le librerie. E non lo sanno neanche in Consiglio dei ministri dove già il 19 febbraio, con il ddl sulla concorrenza, stanno architettando di liberalizzare i supersconti. Saranno utili, questi, solo a chi ha potere d’acquisto e non a quelle vetrine indipendenti che nello sforzo di sopravvivere al destino dei supermercati, nell’immane fatica di sfuggire alla lusinga delle catene Feltrinelli, Giuntialpunto e il franchising Mondadori, vanno a crepare inesorabilmente. Le librerie sono avamposti per la libera circolazione delle idee. Sono fortilizi del pensiero critico, sono le oasi d’intelligenza che nell’Italia del #cambiaverso – se fosse vero, il verso – dovrebbero godere quanto meno di privilegi fiscali. Quanto meno gli stessi vantaggi che Matteo Renzi offre ai potentati di Internet, gli squillanti logo che nel fatturare cifre straordinarie, nel territorio italiano, non pagano le tasse. Se Amazon fattura in Italia un milione di euro non deve nulla al fisco. Se il libraio incassa 100 euro in due giorni deve, invece, calcolare il gravame da consegnare all’erario. Due più due fa quattro, è vero, ma questo uno più uno ammazzerà definitivamente le librerie ma finalmente, nell’epoca dell’Editore della Nazione, Adelphi, pubblicherà Beppe Severgnini e l’Einaudi – magari nella collana Nue – l’opera omnia di Antonella Clerici».