106 anni fa il Manifesto di Marinetti che diede vita al Futurismo

20 Feb 2015 17:26 - di Silvano Moffa

Il 2o febbraio 1909 Filippo Tommaso Marinetti pubblicava sulle pagine del giornale francese Le Figaro il Manifesto del Futurimo. “Noi vogliamo cantare l’amor del  pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità…”: sono le prime parole di esordio del più importante movimento iconoclasta del secolo scorso. Un movimento rivoluzionario, di rottura con il passato, capace di imprimere una svolta nell’arte e nella cultura, interpretando la domanda di modernità che saliva da una società in rapida trasformazione. Un movimento che si fece interprete di quell’ansia di novità che si respirava in tutti i campi del sapere e che annovererà tra le sue fila, oltre a Marinetti, artisti e intellettuali come Boccioni, Carrà, Balla, Prampolini, Palazzeschi. Personalità audaci, anticonformiste, di forte tempra e di acuta intelligenza. Una avanguardia artistica. L’ultimo significativo movimento culturale del XX secolo che l’Italia abbia saputo offrire al mondo.

Futurismo nell’architettura

Il Futurismo riuscì, con la sua straordinaria ventata di innovazione e di dinamismo, a contagiare altri movimenti artistici che si svilupparono in altri Paesi, come Russia, Francia, Stati Uniti e Asia, improntando di sé ogni forma di espressione artistica, dalla pittura alla scultura, alla letteratura, all’architettura, alla musica , al teatro, alla danza, al cinema e, finanche, alla gastronomia. L’urbanistica delle città fu studiata e immaginata in una dimensione futura. I progetti creati da Antonio Sant’Elia ruotavano intorno all’idea di movimento. Trasporti e grandi strutture ne esaltavano la funzione con incredibile visione anticipatrice rispetto alle trasformazioni che sarebbero avvenute molti anni dopo nella vita delle città. Il Futurismo, in ogni ambito, è un cantiere aperto. Una utopia che si rinnova nelle linee, nei sogni, nella creatività di menti aperte alle sfide, menti alla ricerca costante di nuove sfide, scevre da condizionamenti formali e tecnici. Eppure in grado di anticipare temi, visioni, pulsioni, tendenze che di lì a non molto si sarebbero affermate come effetto di un pensiero e di una cultura moderni.

Futurismo e fascismo

Nato in un’epoca di transizione, il Futurismo riuscì, dunque, a fornire una risposta straordinariamente unitaria alla velocità con cui si stava trasformando la società. L’avvento del telegrafo senza fili e le radio che annullavano le distanze con le prime connessioni intercontinentali; il dirigibile e l’aeroplano;  i primi tubi al neon che illuminano le città e le automobili che aumentano di giorno in giorno, la cui produzione sale vertiginosamente grazie alla catena di montaggio. Cambia il modello di vita. Usi e costumi assumono nuove forme. Lo spazio è luogo di mutamenti di colore, di forme, di vibrazioni incessanti. Tutto è in movimento. Anche rispetto alla guerra,  i Futuristi si posero come partecipi attori di cambiamento. Rivoluzionari a tutto tondo. Fino in fondo, per cambiare e innovare. Avanguardie rivoluzionarie e movimento iconoclasta, appunto, anticipatori del fascismo. Spiriti liberi da condizionamenti. Portatori di idee nuove. Non di ideologismi.

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